Non è servita nemmeno una strage di proporzioni immani commessa da Boko Haram a smuovere la comunità internazionale che ancora una volta non è andata oltre le condanne. Gli aiuti militari promessi alla Nigeria da Obama in occasione del rapimento di 200 ragazze sono rimasti solo sulla carta.
Ieri una riunione straordinaria dell’Unione Africana ha fatto il punto della situazione sulla minaccia islamista in Africa e ha preso alcune decisioni importanti ma che, come insegna la Somalia, servono a poco senza il supporto della comunità internazionale. A chiusura della riunione un comunicato stampa di Nkosazana Dlamini-Zuma, capo della Unione Africana, ha sintetizzato la situazione evidenziando che l’integralismo islamico non è una minaccia solo per gli Stati interessati, in particolare Somalia e Nigeria, ma per tutto il continente africano. Ha chiesto poi a tutti gli Stati africani di contribuire con uomini e mezzi per sconfiggere in particolare Boko Haram che si sta macchiando di orrendi crimini di guerra.
Questo il sunto di quanto avvenuto ieri che però non può esimerci dal fare alcune riflessioni e in particolare sulla terribile situazione che sta vivendo la Nigeria. Ieri sera Boko Haram saputo della riunione della Unione Africana ha lanciato la sua sfida per bocca del suo leader carismatico, Abubakar Shekau, il quale in un comunicato diffuso via web ha fatto sapere che Boko Haram non teme le truppe della Unione Africana, anzi, ha invitato gli Stati africani a inviare i propri uomini in Nigeria «così vedranno di cosa è capace Boko Haram. Verranno sterminati». Poi ha detto che Boko Haram non si fermerà alla Nigeria ma estenderà il suo califfato anche al Niger e al Camerun. Una risposta eloquente alla richiesta della Unione Africana di mandare uomini e mezzi in Nigeria che però ci fa domandare da dove (o da chi) Abubakar Shekau prenda tutta questa sicurezza. Chi rifornisce di armi e denaro Boko Haram? Chi sostiene i terroristi islamici nigeriani tanto da permettergli di creare un vero e proprio esercito ben armato ed equipaggiato, un esercito che non fatica a tenere a bada l’esercito regolare nigeriano.
E, collegata alla domanda precedente, dove sono gli aiuti di intelligence e militari promessi da Obama e, in varie occasione, anche da alcuni paesi europei? Mica si crederà di combattere Boko Haram con un paio di droni?
Il mondo la deve smettere di girarsi dall’altra parte e affrontare con decisione la minaccia islamista in Africa, bloccare i rifornimenti di armi e denaro ai terroristi, armi che si sa benissimo da dove provengono. Per esempio, qualcuno si è mai chiesto come mai l’unica ONG che opera liberamente nei territori controllati da Boko Haram sia la IHH turca? E come mai la IHH la ritroviamo anche in Somalia, nel califfato dello Stato Islamico e ovunque operino gli estremisti islamici? E’ un caso oppure l’aiuto umanitario è solo una copertura? Ecco, non ci vuole molto a rispondere a queste domande ma l’occidente preferisce girarsi dall’altra parte. Bastano due giorni di indignazione per le atrocità commesse da Boko Haram e poi tutto torna alla normalità, fino alla prossima strage.
Se non cominciamo ad affrontare il problema alla radice, cioè se non affrontiamo il problema di chi e come sostiene i terroristi islamici nel continente africano, la situazione non potrà che peggiorare. E non basterà certamente un contingente della Unione Africana a risolvere il problema. La Somalia dovrebbe insegnarlo.
[glyphicon type=”user”] Scritto da Claudia Colombo
[glyphicon type=”euro”] Sostieni Rights Reporter