In pochi giorni la mappa della diplomazia in Medio Oriente rischia di cambiare in maniera drastica, o comunque di prendere la strada del cambiamento.
Solo pochi giorni fa l’Iran ha fatto sapere che sarebbe disposto a trattare con l’Arabia Saudita a qualsiasi livello in risposta ai segnali in tal senso arrivati da Riad.
Ieri Egitto e Turchia hanno fatto sapere che dopo otto anni di gelo oggi e domani terranno al Cairo, in Egitto, consultazioni politiche a livello di vice-ministri degli esteri.
Qui non si parla di piccoli movimenti di avvicinamento, si parla di sconvolgimenti geopolitici se solo una di queste due eventualità andasse in porto.
Se arabi e persiani decidessero che non vale più la pena combattersi e sarebbe più conveniente per entrambi fare la pace, paesi come Israele si troverebbero davvero nei guai. Salterebbero tutte le ipotesi (fantasiose o meno) di fermare la corsa al nucleare iraniano.
Una grossa bomba diplomatica contro lo Stato Ebraico sarebbe anche il riavvicinamento tra Turchia ed Egitto, soprattutto perché Ankara è uno dei principali sponsor di Hamas e potrebbe ottenere dall’Egitto un piano accesso alla Striscia di Gaza.
In entrambi i casi stiamo parlando di qualcosa che è ancora in gestazione ma che se dovesse andare in porto andrebbe a rovinare l’euforia scaturita dagli “accordi di Abramo” e a scalfire le attese che c’erano dopo tali insperati avvicinamenti tra il mondo arabo e Israele.
In particolar modo un avvicinamento tra Arabia Saudita è Iran sarebbe sconvolgente per tutta la geopolitica regionale, a qualsiasi livello esso sia.
E qui qualche responsabilità ce l’ha anche Gerusalemme che prima ha affidato la sua politica estera nel Golfo Persico all’allora Presidente americano, Donald Trump, con risultati direi brillanti.
Poi alla caduta di Trump non ha saputo sostituirlo in maniera adeguata e non ha chiuso con Riad quello che tutti si sarebbero aspettato, cioè quell’avvicinamento che avrebbe tranquillizzato i sauditi che, immancabilmente, stanno finendo in bocca ai persiani.
Quale politica estera ha Israele? Quale diplomazia intende portare avanti nel Golfo Persico e più in generale in Medio Oriente? Spero che non sia la diplomazia dei piccoli raid aerei (l’ultimo solo questa notte in Siria).
Lo dico perché sinceramente a livello diplomatico a Gerusalemme mi sembrano un po’ immobili mentre tutto il resto del mondo evolve.
Sarà che da molti mesi vi è una marcata incertezza politica e che non si riesce a formare un governo.
Se dipendesse da questo allora qualcuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità perché il mondo non si ferma in Giudea e Samaria, oppure a Gaza o in Siria.
Il mondo è molto più vasto e senza uno straccio di strategia almeno a livello regionale che non sia quella dei bombardamenti, non si va molto lontano.