Dicono che sulla lotta al terrorismo islamico al G7 di Taormina i grandi della Terra hanno raggiunto un accordo. Lo avevano detto anche tutte le altre volte che in passato i leader mondiali si sono incontrati salvo poi procedere in ordine sparso a seconda degli interessi nazionali. Lasciatemi dire quindi che delle parole non ce ne facciamo nulla.
In ogni caso quello che fino ad oggi si è visto è una dichiarazione congiunta nella quale si ribadisce la volontà a combattere il terrorismo islamico attraverso cinque punti che possono essere riassunti così:
- Web e social media: combattere l’uso che il terrorismo islamico fa di internet attraverso un appello ai social media affinché vigilino sui contenuti che vengono pubblicati e che spesso fanno pubblicità alle azioni dei terroristi musulmani
- Lotta ai foreign fighters che si disperdono dai vari teatri del conflitto, dando risorse per aumentare la capacità dei Paesi di transito e destinazione di fronteggiare la minaccia dei combattenti
- Bloccare i canali di finanziamento al terrorismo islamico attraverso la condivisione delle informazioni di intelligence e il rafforzamento della collaborazione tra le varie agenzie di controllo
- Usare la cultura per combattere la radicalizzazione coltivando una mentalità di inclusione sociale, per favorire e il concetto di rispetto reciproco e di rispetto delle altre culture
- Lotta alla povertà: nel documento emesso dal G7 si legge che «poiché la mancanza di inclusività sociale ed economica e di opportunità può contribuire al proliferare del terrorismo e dell’estremismo violento, il G7 punta a un approccio comprensivo che tenga insieme sicurezza, inclusione sociale e sviluppo».
Tutto qua? E si, tutto qua. Un appellino a Youtube, a Facebook e a Twitter perché vigilino di più sui contenuti pubblicati, un generico accordo a fermare i combattenti di ritorno dai teatri di guerra aiutando i paesi di transito (tra i quali il principale è l’Italia), un appello a fermare i canali di finanziamento, il che fa ridere a due giorni dalla firma di un contratto miliardario per la fornitura di armi ai sauditi che sono tra i maggiori sostenitori/finanziatori del terrorismo islamico di matrice sunnita, e infine i due evergreen, la lotta alla povertà e l’uso della cultura per fermare le bombe che devastano l’Europa. Se non fosse un momento così difficile e complesso ci sarebbe da ridere, specie perché tutto questo viene spacciato come un “grande risultato”.
Dalla discussione rimangono purtroppo fuori i veri argomenti per contrastare efficacemente il terrorismo islamico che sono l’individuazione dei veri responsabili della diffusione dell’ideologia jihadista, Qatar, Arabia Saudita e Paesi del Golfo per il terrorismo islamico di matrice sunnita, l’Iran per quello di matrice sciita che ancora in Europa conosciamo poco ma che non solo esiste, è pericoloso quanto quello di Al Qaeda e ISIS. Rimane fuori il controverso discorso dei finanziamenti arabi alle moschee e ai centri islamici in Europa e nel resto del mondo, finanziamenti che servono a indottrinare i fedeli in occidente. Rimane fuori la soluzione delle due crisi che maggiormente contribuiscono alla diffusione dello Jihadismo, quella siriana e quella libica.
E allora, di che hanno parlato i leader mondiali? A quali soluzioni sono arrivati o intendono arrivare? No perché il comunicato diffuso ieri sulla lotta al terrorismo islamico è l’ennesimo non-documento, l’ennesima non presa di posizione, l’ennesimo documento ciclostilato buono per le agenzie di stampa. Null’altro.
Speriamo che ci siano accordi che non ci dicono perché stando così le cose la vedo parecchio dura combattere il terrorismo islamico solo con questi argomenti, per di più escludendo dalla riunione una componente fondamentale come la Russia che, a prescindere da come uno la pensi su Putin, non può essere esclusa da una discussione sulla lotta al terrorismo islamico.