Ma davvero vogliamo credere alla storia del golpe in Russia?

1 Luglio 2023

Sul cosiddetto golpe in Russia ci sono molte cose che non mi tornano. Lungi da me sostituirmi agli “esperti” tuttologi e agli ex “agenti del Mossad” che si spacciano per esperti di politica internazionale, io sono solo un contadino dell’alta valle del Metauro, confesso però che le ricostruzioni fornite fino ad ora sia dai suddetti “esperti” che da parte russa e bielorussa, mi hanno convinto ben poco.

La primissima fotografia che mi è tornata in mente quando la “trionfale” marcia della Wagner verso Mosca si è improvvisamente interrotta è stata quella del finto golpe turco attraverso il quale Erdogan fece pulizia interna (ed esterna) e si assicurò di darsi i poteri necessari per instaurare una dittatura camuffata da democrazia.

Confesso di aver pensato che Vladimir Putin avesse organizzato qualcosa del genere, un pensiero rafforzato dal fatto che non solo Yevgeny Prigozhin sia ancora vivo, ma che si sia addirittura rifugiato in Bielorussia, cioè nella tana di Alexander Lukashenko che notoriamente non va nemmeno in bagno senza il permesso di Putin.

Ho pensato che quei 20,000 uomini della Wagner spostati in Bielorussia, anche se un po’ alla volta, con la scusa del fallito golpe sono una bella spada di Damocle sulla testa dell’Ucraina. La tipica spina nel fianco (nord).

Notoriamente non sono uno di quelli che credono che dietro ad ogni macchinazione in Africa o in Medio Oriente (persino in Venezuela) ci sia la Wagner, tuttavia è fuor di dubbio che la creatura fondata da Dmitry Utkin ha le mani in pasta in diversi paesi e in diversi settori, dall’oro ai diamanti passando per l’uranio e le terre rare.

La campagna di reclutamento della Wagner in Medio Oriente è stata molto proficua. Prigozhin ed Erdogan si sono equamente divisi i combattenti ex ISIS, i più spietati psicopatici sul mercato dei mercenari. Erdogan li usa in Kurdistan mentre Prigoshin gli ha spediti in parte in Libia e in parte nell’Africa subsahariana. A combattere in Ucraina ci sono russi e ceceni, forse i migliori, ma che sono stati usati solo dopo che la “carne da cannone” reclutata in gran numero nelle carceri russe aveva aperto loro la strada. Quindi grandi perdite per la Wagner in Ucraina, ma non dei soldati d’elite che ora sono in Bielorussia.

Con tutti questi fronti dove la Wagner è impegnata per conto di Putin, cosa ci fa credere che il Cremlino la voglia chiudere oppure inquadrarla nell’esercito? A me questa cosa non torna ma, come si diceva prima, non sono un “esperto”.

Una cosa che invece si è capita da questo “golpetto” è che il popolo russo non è affatto stufo di Putin, al massimo gli predilige Prigozhin, cioè quello più spietato.

Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin sono due banditi che apparentemente si sono puntati reciprocamente la pistola alla tempia. Qualcuno li definisce “amici” ma i banditi non hanno né amici né onore. Si usano a vicenda e quando uno dei due non serve più all’altro lo si elimina. I due suddetti banditi hanno fatto carriera così. Tuttavia quello di cui non sono affatto sicuro è che non si servano più reciprocamente. Anzi, forse questo è il momento in cui più di tutti si servono l’uno con l’altro.

Davvero vogliamo credere che Yevgeny Prigozhin abbia marciato indisturbato verso Mosca tra ali di folla festante per poi fermarsi a 200 Km dal suo obiettivo e che con la mediazione del più fedele lacchè di Putin, il bielorusso Lukashenko, abbia accettato l’esilio in Bielorussia?

O piuttosto vogliamo credere a un colpo di teatro di quel bandito di Putin che usando il “metodo Erdogan” fa pulizia all’interno delle sue fila e piazza tra i 20,000 e i 25,000 uomini perfettamente addestrati ma non inquadrati da nessuna parte (né Wagner, né Russia, né Bielorussia) a solo 100 Km da Kiev pronti in caso di necessità ad aprire di nuovo il fronte nord della guerra in Ucraina?  

Non lo so, io ragionando da contadino dell’alta valle del Metauro sarei propenso a credere alla seconda, senza tanti ragionamenti, analisi geopolitiche o altre menate da “esperti”.

Franco Londei

Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

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