Ieri abbiamo assistito a quella che è certamente una delle più grandi manifestazioni che la storia ricordi. Due milioni di persone a Parigi per manifestare contro il terrorismo islamico e in particolare contro l’attacco a Charlie Hebdo e al supermercato Kosher di Parigi. Altre centinaia di migliaia in tutto il mondo. Ma oggi? Beh, oggi si torna alla realtà e alla consapevolezza che, seppure bellissima e mastodontica, non sarà una manifestazione a fermare i terroristi islamici.
Non è per rovinare la festa o per rompere le uova nel paniere a coloro che pensano, magari a ragione, che la manifestazione di ieri sia stata una bella risposta al terrorismo islamico. Bella lo è stata senza dubbio ma adesso per combattere il terrorismo islamico serve ben altro che una manifestazione.
Non vorremmo, se permettete, toccare il tema più squisitamente politico che ha visto partecipare alla manifestazione di Parigi mandanti e vittime del terrorismo islamico, non lo facciamo perché ormai siamo avezzi alla ipocrisia di certi personaggi e perché francamente ci fa schifo vedere uno dei maggiori fautori dell’omicidio degli ebrei e del terrorismo islamico, Abu Mazen, camminare bellamente in prima fila tra coloro che manifestano proprio contro quel terrorismo così foraggiato dal leader palestinese. No, vorremmo essere più pratici e affrontare il tema della lotta al terrorismo islamico.
Punto 1: nessun accordo su Schengen
I Ministri degli interni europei si sono riuniti ieri a Parigi per discutere su come affrontare il problema del dilagante estremismo islamico e in particolare del pericolo che rappresentano i cosiddetti “foreign fighters”. La Francia e in particolare la Spagna puntavano a una revisione degli accordi di Schengen nel tentativo di irrigidirli ma il no dell’Italia ha bloccato tutto. Via libera invece al PNR, cioè il codice identificativo per i passeggeri delle compagnie aeree. Ma francamente ci sembra davvero molto poco.
Punto 2: nessuna parola sugli sponsor del terrorismo islamico
Nessuna parola sugli sponsor del terrorismo islamico e su una strategia comune per punirli ed ostacolarli. Parliamo di Qatar, Turchia e delle varie frange palestinesi, tra le quali Hamas sempre più vicino all’ISIS e la stessa Autorità Palestinese. Anche in questo caso è prevalso l’assurdo buonismo europeo abbinato a una buona dose di interessi economici. Occasione persa e ipocrisia in libertà.
Punto 3: nessuna strategia comune europea sulla intelligence
Questo è forse il punto più controverso e delicato. Le intelligence europee non solo non sono coordinate (i motivi sono tanti) ma soprattutto hanno diversi metodi di agire. Intelligence come quella francese e tedesca sono costrette ad agire nel rispetto di regole nazionali che ne pregiudicano fortemente l’efficienza. Per fare un esempio, CIA e Mossad agiscono con molta più libertà sugli obbiettivi. Se devono eliminare una minaccia lo fanno senza problemi. Le intelligence europee invece su questo hanno le mani legate. Ma se il metodo operativo è inefficiente un buon coordinamento potrebbe in parte sopperire a questo gap. Invece anche ieri alla riunione dei Ministri dell’Interno di questo si è parlato poco o niente. Insomma, siamo con il sedere in terra a livello di intelligence e le notizie che un servizio ha non le condivide con gli altri.
Concludendo, la manifestazione di ieri a Parigi è stata bellissima sotto l’aspetto della partecipazione popolare, molto meno sul lato politico, ma non basta a spaventare i terroristi islamici, serve ben altro. Insomma, a noi più che un successo ci sembra una occasione persa. Speriamo di sbagliarci.
[glyphicon type=”user”] Scritto da Adrian Niscemi
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