E’ sempre difficile interpretare quanto avviene in Medio Oriente. Il Presidente Trump decide di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme e ci si aspetta una enorme sollevazione del mondo arabo che invece non avviene. In Iran scoppiano disordini contro il regime e ci si aspetta che il blocco saudita (che comprende anche l’Egitto) ne approfitti per cavalcare il dissenso persiano e invece da Riad, dal Cairo e dalle capitali del Golfo tutto tace.
Sotto certi aspetti proprio le rivolte iraniane hanno contribuito a delineare con più chiarezza gli schieramenti in Medio Oriente con la Turchia che ormai sta apertamente dalla parte del regime iraniano nonostante le divergenze di vedute sulla Siria, il Qatar che segue a ruota quello che fa Erdogan e gli concede addirittura una base militare sul suo territorio, la Fratellanza Musulmana (sostenuta da Turchia e Qatar) che cerca di minare il Governo egiziano e quindi indirettamente quello saudita facendo trapelare registrazioni che provano come l’Egitto in accordo con i regimi del Golfo abbia cercato di far digerire al popolo la decisione di Trump su Gerusalemme e che addirittura abbia consigliato ai palestinesi di accontentarsi di Ramallah come capitale del futuro Stato palestinese.
Tre blocchi, forse due
Sostanzialmente in Medio Oriente ci troviamo di fronte a tre blocchi distinti, il primo composto da Iran, Siria e Libano, il secondo (che potrebbe allearsi con il primo) composto da Turchia e Qatar, il terzo composto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e altri Paesi del Golfo ai quali, informalmente, potremmo aggiungere Israele. Detta così sembra tutto chiaro invece non lo è perché ci sono i cosiddetti “attori esterni” che lavorano su più blocchi e che tendono a unire, per ragioni strategiche o politiche, almeno i due primi blocchi. Uno di questi è la potentissima Fratellanza Musulmana che sembra essere il punto di contatto tra Iran e Turchia e questo nonostante gli iraniani siano sciiti (ammesso che ancora valga qualcosa la teoria dello scontro tra sciiti e sunniti). Con Teheran è schierata apertamente anche l’Unione Europea che invece di essere imparziale appoggia ogni decisione degli Ayatollah ed è ostile al blocco saudita-israeliano sostenuto invece da Trump. E così alla fine ci accorgiamo che i veri blocchi in Medio Oriente sono solo due, quello iraniano-turco che si trascina dietro il Qatar, il Libano, la Siria e l’Iraq con annessi anche Hamas, Hezbollah e la Fratellanza Musulmana e quello saudita-israeliano che porta in dote i paesi del Golfo e l’Egitto.
In mezzo a questi due blocchi si muovono le grandi potenze e i loro interessi. La Russia fino ad oggi è sembrata accostarsi al blocco turco-iraniano senza però disdegnare ammiccamenti al blocco opposto (più per ragioni economiche che strategiche). Più schierati sembrano essere invece Unione Europea e Stati Uniti, i primi (come detto) apertamente schierati con gli Ayatollah iraniani e i loro alleati, i secondi indiscutibilmente schierati con il blocco israelo-saudita. Per capire quello che avviene e che potrebbe avvenire in Medio Oriente dobbiamo partire da questo punto.
Un primo importante appuntamento è quello che avverrà nelle prossime ore quando il Presidente Trump deciderà se oltre a confermare la “decertificazione” l’accordo sul nucleare iraniano dovrà decidere se applicare all’Iran nuove sanzioni. Voci molto insistenti da Washington parlano della possibilità molto concreta che il Presidente Trump decida per l’applicazione di nuove sanzioni a Teheran, decisione che potrebbe portare di fatto alla rottura dell’accordo sul nucleare voluto da Obama.
Cosa succederà dopo è ancora difficile da dire. Potrebbe non cambiare nulla oppure potremmo assistere ad una significativa escalation degli attriti tra i due blocchi. Difficilmente Trump prenderà qualsiasi decisione senza prima consultarsi con gli alleati regionali. Quello che appare evidente è che ormai in Medio Oriente le posizioni sono piuttosto delineate e che se l’Iran non recederà dai sui intenti bellicosi le possibilità di un conflitto su larga scala sono sempre più concrete. Nell’eventualità la domanda è se gli americani sono pronti a mettere gli scarponi sul terreno perché difficilmente potranno sottrarsi dal partecipare attivamente ad un grande conflitto tra i due schieramenti in Medio Oriente.