Ormai siamo alle tragicomiche. Dopo che Hezbollah ha organizzato su ordine di Teheran ampie proteste contro il giudice incaricato delle indagini sulla enorme esplosione che ha colpito Beirut lo scorso anno in quanto lo stesso giudice sarebbe incorruttibile, l’Iran non trova niente di meglio da fare che incolpare Israele per gli scontri armati seguiti alle manifestazioni.

«L’Iran crede che il popolo, il governo, l’esercito e la resistenza in Libano supereranno con successo le sedizioni sostenute dall’entità sionista (Israele n.d.r.)», ha detto l’agenzia di stampa iraniana IRNA citando il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh.

Secondo la televisione di stato iraniana, Press TV, «l’Iran condanna fermamente l’uccisione di manifestanti avvenuta su ordine della entità sionista».

La cosa va avanti così più o meno su tutti gli organi di stampa iraniana che chiaramente dimenticano di dire che il Libano è ormai a tutti gli effetti una provincia iraniana con sbocco sul Mediterraneo e che nulla succede in nel Paese dei cedri senza l’autorizzazione di Teheran, comprese le sparatorie.

Dimenticano inoltre di dire che la manifestazione organizzata da Hezbollah e da Amal su ordine di Teheran era contro il giudice incaricato di indagare sulla enorme esplosione dello scorso anno e che probabilmente lo stesso giudice potrebbe scoprire che a scatenare quel putiferio potrebbe essere stata una fabbrica dove venivano riconvertiti i missili di Hezbollah e che quindi il nitrato d’ammonio avrebbe fatto “solo” da amplificatore.

Perché, come nella tradizione più vigliacca del terrorismo islamico, Beirut era piena di fabbriche dove tecnici iraniani riconvertivano i missili obsoleti di Hezbollah, fabbriche che per non essere colpite erano in mezzo ad abitazioni civili.

Ma questo chiaramente i media iraniani non lo raccontano, non raccontano di come gli Ayatollah mettano ogni giorno a rischio la vita dei libanesi, non raccontano di come è finito il Libano da quando c’è Hezbollah, dalla Svizzera del Medio Oriente al paese senza gasolio per le centrali elettriche.