Portare Iran e Arabia Saudita al tavolo sulla Siria che inizierà oggi a Vienna potrebbe sembrare in un primo momento una specie di vittoria diplomatica di Obama che si è speso moltissimo per raggiungere questo obbiettivo. In realtà è un rischio per nulla calcolato, una salto nel buio che rischia invece di alimentare ancora di più le fiamme del conflitto siriano mettendo uno di fronte all’altro i due maggiori contendenti per procura della guerra in Siria in uno dei momenti più tesi tra i due Paesi.
Ieri l’Iran ha accusato l’Arabia Saudita di aver approfittato della tragedia della Mecca per rapire un alto diplomatico iraniano, l’ex ambasciatore iraniano in Libano Ghazanfar Roknabadi, figura chiave nel conflitto in Siria per i suoi rapporti con Hezbollah. L’accusa iraniana ai sauditi arrivava poche ore dopo che il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, Adel al-Jubeir, aveva espresso forti dubbi sulla partecipazione iraniana al tavolo per la Siria affermando che “permettere all’Iran di partecipare al tavolo sulla Siria significa premiare la politica interventista ed espansionista di Teheran”.
Forti tensioni ci sono anche tra la Russia e l’Arabia Saudita. Mosca accusa Riyad di aver fornito ai ribelli siriani armi anticarro e antiaeree tecnologicamente avanzate in grado di contrastare l’avanzata russa.
Per convincere l’Arabia Saudita ad accettare la partecipazione iraniana ai colloqui sulla Siria si è mosso direttamente il Presidente Obama il quale, secondo il New York Times, nei giorni scorsi ha telefonato a Re Salman dell’Arabia Saudita per convincerlo a sedersi allo stesso tavolo degli iraniani. Tuttavia la posizione saudita non è cambiata e a Riyad rimangono dell’idea che l’Iran sia parte del problema siriano e non parte della soluzione. Per questo il rischio che un confronto diretto tra sauditi e iraniani invece che calmierare la situazione la renda ancora più incandescente è elevatissimo.
E oltretutto c’è un altro rischio che Obama non ha calcolato, quello che gli attriti tra Iran e Arabia Saudita in altri teatri (Yemen e Bahrain) compromettano un accordo anche parziale sulla Siria. La smania di Obama di dare legittimazione internazionale agli Ayatollah rischia quindi di rivoltarsi proprio contro il Presidente americano e i suoi “piani di pace”.
Proprio sulla volontà da parte di Obama e in parte della UE di dare legittimazione internazionale all’Iran si scontrano i maggiori analisti internazionali. C’è chi, come Mustafa Alani, analista del Gulf Research Center, sostiene che invitare l’Iran al tavolo sulla Siria significa sostanzialmente avvallare e approvare l’intervento iraniano in Siria. Di parere opposto è invece Aaron David Miller, un ex funzionario del Dipartimento di Stato ora analista presso il Woodrow Wilson International Center for Scholars di Washington. Secondo Miller l’unica soluzione per la Siria è mettere i due grandi nemici regionali uno di fronte all’altro per trovare una soluzione che porti a una “transizione gestita”. Il problema è capire chi debba gestire questa eventuale transizione gestita. Si ha l’impressione che Obama non si opponga a una gestione iraniana della transizione in Siria, che poi è l’obbiettivo primario di Teheran prima ancora che salvare Assad. Una transizione gestita dagli iraniani potrebbe trasformare la Siria in un satellite dell’Iran nel cuore del Medio Oriente con sbocco sul Mediterraneo. Una cosa inaccettabile per i sauditi ma più ancora per Israele che al tavolo sulla Siria non c’è ma che non può essere escluso dalle parti interessate.
La partita che sta giocando Obama sulla guerra siriana è una partita molto pericolosa perché rischia di favorire la colonizzazione iraniana della Siria e di legalizzare l’intervento armato di Teheran. Incredibilmente il Presidente Obama sta facendo il gioco di Putin, da sempre sostenitore di un coinvolgimento diretto di Teheran in Siria. Dopo oggi quell’intervento sarà ufficiale e pure universalmente accettato. Non c’è che dire, un’altra vittoria di Obama.
Scritto da Adrian Niscemi