Mentre Amnesty International lancia accuse assurde contro Israele e si dimentica completamente della Striscia di Gaza e di Hamas, la popolazione araba palestinese sotto la dittatura di Hamas per la prima volta insorge contro i terroristi che strangolano la Striscia e lo fa partendo dai social.
Centinaia di utenti hanno utilizzato l’hashtag #خطفوا-غزة (Hanno rapito Gaza) per condividere post che denunciano i tiranni di Hamas e il loro governo.
“I ladri non possono costruire uno stato che si prenda cura degli interessi del suo popolo, così come non possono liberare una patria occupata”, ha twittato Sad Abdalah, riferendosi alla dittatura di Hamas.
L’attivista di Gaza Amin Abed ha postato sulla sua pagina Facebook: “…Gaza è l’unico posto al mondo in cui, quando vai avanti, torni indietro grazie ai suoi governanti“.
Ha detto che la campagna ha lo scopo di “rendere il sovrano [Hamas] consapevole delle sue responsabilità dopo aver raggiunto un livello insopportabile di ingiustizia e deterioramento in tutti gli aspetti della vita“.
Amin Abed continua la sua denuncia scrivendo: “niente può descrivere la crudele realtà a Gaza. Come si può giustificare l’ultima demolizione di chioschi sulla spiaggia a Jabalia [nel nord della Striscia di Gaza], l’unica fonte di sostentamento per i giovani laureati disperati che hanno perso la speranza di trovare un lavoro! Come giustificare le tasse ingiuste estorte in cambio di nessun servizio! La disoccupazione alle stelle! L’estrema povertà!”
Scolpiamo queste parole nella pietra prima che questo gruppo di attivisti faccia la fine dei loro predecessori, cioè finisca in qualche discarica di Gaza e magari facciamole avere ad Amnesty International prima che facciano finta di niente.
Prendiamo nota di questa protesta contro Hamas fatta coraggiosamente a viso aperto da coloro i quali hanno capito che le condizioni in cui versa la Striscia di Gaza sono da attribuire ad Hamas e non a Israele, anche se come sempre viene incolpata anche Gerusalemme per il blocco di sicurezza.
I denigratori di questa campagna sostengono che sia alimentata dalla Autorità Palestinese, l’altra dittatura palestinista basata nella cosiddetta “Cisgiordania” allo scopo di indebolire politicamente Hamas.
Tuttavia questa accusa viene smentita direttamente dall’organizzatore della campagna, Amer Balosha, un attivista per i Diritti Umani laureato in giurisprudenza arrestato da Hamas e ora rifugiato in Turchia.
“Questa campagna [online], è un’estensione del movimento del 2019 [“We Want to Live”], ed è interamente basata sulle richieste di standard di vita di base come la risoluzione delle crisi dell’elettricità, dei valichi, della disoccupazione, delle tasse, della salute e dei sistemi di istruzione e non ha nulla a che fare con Hamas in quanto partito politico ma in quanto detentore del potere” ha detto Balosha.
Circa l’80% della popolazione di Gaza è dipendente dagli aiuti internazionali, aiuti che passano esclusivamente da Israele nonostante anche l’Egitto [paese arabo] confini con la Striscia di Gaza.
Questa protesta smaschera definitivamente le false accuse di Amnesty International e mostra con limpida chiarezza l’ipocrisia dell’ex Nobel per la pace oltre e indicare dove sta veramente il problema per le popolazioni palestinesi.