Netanyahu ha vinto. Gli israeliani hanno capito che stavano svendendo la loro sicurezza e il loro Paese agli iraniani e ai nemici di sempre e hanno scelto la sicurezza che infonde Bibi. Il titolo più indicativo della stampa di sinistra israeliana lo fa Ynet che parla di “Shock”. Nessuno se lo aspettava e davano tutti Netanyahu per perdente. Qualche americano vicino a Obama ieri si era lanciato anche in poco profetiche dichiarazioni del tipo “ultimo giorno di Re Bibi”.
Obama ha fatto di tutto per interferire nella democrazia israeliana, ha pagato a suon di milioni di dollari la più virale campagna contro un premier straniero mai vista nella storia degli USA. Gli è andata male, come è andata male a tutti quei gufi che si aspettavano una vittoria della sinistra per riaprire le inutili trattative con i palestinesi.
E comincia ad arrivare anche qualche dichiarazione stizzita. Abu Mazen ha detto che con la vittoria di Netanyahu intensificherà la sua campagna diplomatica per portare Israele davanti al Tribunale Penale Internazionale. Se avessero vinto i suoi amici della sinistra non lo avrebbe fatto e questo la dice parecchio lunga su dove sarebbe andato a finire Israele se avessero vinto Herzog o la Livni.
In ogni caso è troppo presto per fare una analisi. Aspettiamo qualche ora poi torneremo su questa importante vittoria della libertà e del Diritto.
[glyphicon type=”user”] Redazione
[glyphicon type=”euro”] Sostieni Rights Reporter
Un bel risultato quello di Bibi viste le premesse che indicano il peggio della “italianizzazione” tipicamente di sinistra e liberal e politicamente corretta della sinistra israeliana e di quella americana che hanno attaccato duramente per tutta la campagana elettorale.Stiamo a vedere, benchè il quadro politico israeliano resti complesso
Scusate ma la sicurezza d’Israele è sempre stata storicamente garantita da tutti, a prescindere dalla destra e dalla sinistra, quindi affermare che con l’elezione di Bibi ha vinto la sicurezza mentre con Herzog “chissà dove si sarebbe andati a finire” è solo mera propaganda, l’avrebbero garantita in modo diverso questo si, ma la sicurezza e l’esistenza d’Israele non sarebbe mai stata messa in discussione da chiunque avesse vinto. Qui la domanda da porsi è: un Israele sempre più isolato sul piano internazionale e con gli alleati storici che si allontanano sempre più è un Israele più sicuro o no?
Quando non si entra nel merito di un tema, ci si comporta come quelli che si attestano ai confini di un territorio in cui dovrebbero invece entrare, se dovessero tracciarne una mappa.
E allora addio mappa.
In questo caso sarebbe meglio farsi qualche domanda.
Di che cosa é frutto il cosiddetto isolamento internazionale di Israele, vale a dire la rotta di collisione del governo Netanyahu con la politica di Obama e della UE?
La risposta che mi do io é molto semplice, ma non per questo per forza inattendibile.
Questa:
Agli USA di Obama e alla UE importano i loro interessi regionali – per come li percepiscono- e non la sicurezza di Israele, che a quanto pare non coincide con i loro interessi.
La linea verde che loro propongono come confine é improponibile seriamente.
Certo anche ad Herzog- come a Netanyahu – si presume importi la sicurezza di Israele.
Peccato però che, per quel che se ne sa, le sue obiezioni si basano proprio «sull’isolamento internazionale».
Herzog ha anche parlato di «creatività» nella ricerca di soluzioni.
Un po’ poco: avrebbe invece dovuto per esempio spiegare quali confini ritiene irrinunciabili per il suo paese con il consenso o meno di Obama e dell’ANP.
Avrebbe dovuto precisare se a suo avviso Israele dovrà comunque controllare la frontiere del futuro stato palestinese con la Giordania e così le colline della West bank prospicienti Tel Aviv.
In sostanza avrebbe dovuto precisare quanto crede in termini probabilistici e motivati nello scambio pace contro territori.
Quello che pensa in merito Obama , la UE e tutta la stampa schierata lo sappiamo già.
Si basa sulla convinzione che la fine dell’ «occupazione» porrebbe termine ad ogni conflitto.
Credo invece – anche se non posso escludere di sbagliarmi- che Netanyahu sia un tipo pragmatico e disposto ad una soluzione che mantenga entro limiti accettabili la sicurezza di Israele.
La questione degli insediamenti?
Più tempo passa , più la cosa diviene un intralcio.
La soluzione più razionale potrebbe essere un parziale ritiro e lo scambio di territori, cosa che non conviene certamente a quegli arabi israeliani, che perderebbero la cittadinanza israeliana per confluire in uno stato corrotto, che non fornirebbe loro neppure la più pallida ombra dei servizi di cui godono attualmente come cittadini israeliani.
Per non parlare della perdita della mobilità territoriale all’interno dello stato ebraico.
E alla fine val la pena di ricordare che é altamente improbabile che uno stato palestinese possa davvero accettare di vivere in pace con un vicino molto più dinamico sviluppato e civile senza soffrire di frustrazioni e conflitti interni da risolvere necessariamente con paranoiche sindromi da «deprivazione relativa».
La deriva terroristica sarebbe lo sbocco inevitabile in termini di «economia psichica di gruppo», per non esplodere.
Non credo che l’attuale dirigenza palestinese ignori queste problematiche, per non parlare di Hamas e del cosiddetto diritto di ritorno dei discendenti dei rifugiati del 1948 in territorio israeliano.
E non le ignora nemmeno Herzog, il quale parla infatti di «creatività».
Una «soluzione»- quella creativa ma vaga- che per il momento non sarà messa alla prova.
In questo momento la freddezza di Barack Obama nei confronti di Netanyahu e più in generale di Israele, ma non dimentichiamoci che fra 22 mesi la Casa Bianca avrà un nuovo inquilino.
qualcuno si affretti a dare un fazzoletto ad Obama, la schiuma che gli esce da bocca e’ troppa e
gli ha impedito, ( almeno fino ad ora) di congratularsi con Bibi , per il successo conseguito , come il Presidente di un grande Stato, amico e alleato avrebbe dovuto fare.
Anche questa volta, l’Hussein ( leggi l’islamico) che e’ in lui , si e’ prepotentemente manifestato
sì è vero che storicamente la sicurezza di Israele è stata garantita dalla destra come dalla sinistra, ma mi pare che l’attuale sinistra israeliana sia piuttosto diversa da quella dei “padri fondatori”, cui personaggi come la Tzipi non somigliano minimamente. La soluzione dei due stati sembra una passeggiata ai faciloni nostrani e al governo obamiano ma basterebbe un’occhiata alla geografia di Israele per capire che non lo è per niente. Senza contare il mancato riconoscimento di Israele da parte araba, la questione dei rifugiati e quella di Gerusalemme. Solo degli ingenui o degli ipocriti ripetono il mantra due popoli due stati come se si trattasse della ricetta della torta di mele