Ieri l’ennesima strage di civili nel marcato Mariupol, una strage compiuta quasi certamente dai separatisti filo-russi che ha fatto oltre 30 morti e quasi 100 feriti, tutti civili, donne, bambini, vecchi che affollavano il mercato. Una pioggia di razzi Grad non gli ha dato scampo.
Ieri sera il presidente dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko, pur smentendo (con poca convinzione) che gli autori della strage del mercato di Mariupol, ha annunciato che i separatisti filo-russi, appoggiati dal Cremlino, hanno iniziato una pesante offensiva volta alla conquista proprio della città di Mariupol, snodo strategico per collegare la regione di Donetsk con la Crimea, già passata sotto il controllo russo.
La reazione del dell’Ucraina non si è fatta attendere. Il primo ministro ucraino, Arseniy Yatsenyuk, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di condannare con fermezza la Russia che considera colpevole di quanto sta avvenendo in Ucraina e complice delle stragi di civili. Il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha interrotto la sua partecipazione al funerale del re saudita Abdullah per fare rientro precipitosamente in patria dove ha convocato il Consiglio di Sicurezza e di Difesa, un passo che di fatto porta l’Ucraina ad una vera e propria situazione di guerra.
Europa quasi passiva
Dall’Europa arrivano solo reazioni verbali e persino quasi ridicole alla strage di civili di Mariupol. La Mogherini fa appena sentire la propria voce avvertendo che “i nuovi fatti potrebbero compromettere ulteriormente i rapporti con la Russia” ma senza andare oltre. La Lettonia, che detiene la presidenza di turno dell’unione Europea, ha chiesto una riunione urgente del Consiglio degli Affari Esteri della UE. Il Ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevics, non fa tanti giri di parole e accusa direttamente la Russia di non voler risolvere pacificamente la questione ucraina, tuttavia non nasconde le difficoltà a mettere insieme una azione comune europea che convinca il Cremlino a interrompere l’appoggio ai ribelli separatisti filo-russi. Anzi, l’impressione è che Mosca stia considerevolmente aumentando il proprio appoggio anche con uomini e mezzi. Ma è come se il conflitto in Ucraina sfiorasse appena l’Europa. Poche iniziative diplomatiche degne di questo nome, poco interesse sui media e persino a Davos se ne è parlato appena. Eppure è un conflitto a tutti gli effetti che sta portando di nuovo la guerra nel cuore del continente europeo come giù successe con la Ex Jugoslavia.
Putin, l’uomo nero dietro alla guerra
Secondo fonti del Governo ucraino da giovedì oltre 1.000 soldati russi appoggiati da mezzi blindati sono entrati nella regione di Donetsk. Putin nega il fatto e accusa il Governo di Kiev di attaccare i civili di etnia russa. Ma la strategia del Cremlino è chiara, unire la regione di Donetsk alla Crimea e incorporare il tutto. Questa settimana il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva promesso di usare l’influenza russa per convincere i separatisti filo-russi a fermare l’offensiva in attesa di più approfonditi colloqui, ma a quanto sembra era l’ennesima tattica russa per cogliere tutti di sorpresa. Putin ha già deciso che anche la regione di Donetsk dovrà diventare russa come la Crimea e per farlo ha bisogno di conquistare Mariupol.
Nel frattempo arrivano i primi dati ufficiali dagli osservatori dell’OCSE sulle vittime del conflitto. Oltre 30 morti al giorno, 5.000 vittime solo negli ultimi nove mesi. Se non è una guerra questa cos’è?
[glyphicon type=”user”] Scritto da Maurizia De Groot Vos
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