I fatti di ieri in Venezuela mi hanno fatto tornare in mente la prima guerra del Golfo. Allora gli americani convinsero gli sciiti del sud dell’Iraq a sollevarsi contro Saddam Hussein promettendo loro un aiuto militare, salvo poi rinunciare a spodestare il dittatore iracheno che, una volta rimasto al potere, si vendicò in maniera sanguinaria con i poveri sciiti lasciati alla mercé del suo esercito.
Ieri in Venezuela è successo più o meno la stessa cosa, anche se nessuno lo confermerà mai a Washington.
Il legittimo Presidente ad interim, Juan Guaidó, con una iniziativa denominata “operazione libertà”, sicuramente appoggiata dagli americani, tenta di rovesciare il dittatore Nicolas Maduro confidando nell’appoggio di una parte dell’esercito venezuelano e, soprattutto, in quello americano che però non va oltre ad un “appoggio morale e verbale” piuttosto che militare, e la spallata al regime fallisce.
Maduro all’inizio sembra cedere tanto che voci non confermate (e poi smentite) lo davano addirittura a bordo di un aereo con destinazione Cuba. Sarebbero stati i consiglieri russi inviati da Putin a convincerlo (costringerlo) a scendere da quell’aereo e a presentarsi in TV a fianco del Ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino Lopez, per dimostrare che l’esercito era ancora con il dittatore contrariamente a quanto affermato dal Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e dallo stesso Juan Guaidó.
Ora, per il momento in Venezuela nulla è cambiato, la spallata non sembra essere riuscita. La folla scesa in piazza fidandosi di quanto i media riportavano è stata duramente attaccata dalle milizie di Maduro mentre l’esercito sembra essere rimasto nella sua maggioranza fedele al regime.
Eppure la cosiddetta “operazione libertà” sembrava essere partita bene con alcuni militari che la mattina presto avevano liberato il leader dell’opposizione Leopoldo López (che ora, secondo il Ministro degli esteri cileno, Roberto Ampuero, sembra essere rifugiato nell’ambasciata spagnola dopo aver chiesto invano asilo a quella cilena) e con notizie sempre più virali su defezioni da parte dei militari a favore di Guaidó.
Ma la realtà sembra essere diversa e ieri sera alle 21:00 ora locale il dittatore Nicolas Maduro è potuto apparire in TV per annunciare che il “tentativo di golpe” era fallito.
Confusione e domande
Nello scritto sopra si potranno notare molti “sembra”. Purtroppo la confusione in Venezuela è così marcata che dare una notizia per certa è un po’ come giocare alla roulette e pur in possesso di notizie dall’interno si rischia di incorrere in errori in buona fede e di diffondere notizie non corrette.
Tuttavia ci sono delle domande che ci facciamo e alle quali purtroppo è difficile dare risposta. Per esempio, da cosa è derivata l’improvvisa (e inaspettata) decisione di Juan Guaidó di dare il via alla cosiddetta “operazione libertà”? C’erano accordi con gli americani per un sostegno militare oppure è stata sopravvalutata la possibilità che l’esercito passasse con Guaidó? Quale ruolo hanno avuto i russi (presenti in Venezuela con “consiglieri militari) nella repressione? Se gli americani, come si dice, avevano promesso un sostegno militare a Guaidó, perché non sono intervenuti? Un intervento americano avrebbe spinto l’esercito venezuelano a passare in massa con l’opposizione, ma ciò non è avvenuto. Come mai?
Domande che per ora non trovano risposta anche se questa notte Juan Guaidó ha detto che l’operazione libertà andrà avanti e ha invitato la popolazione a scendere di nuovo in piazza oggi primo maggio per dare la “spallata finale” al regime, un fatto che fa pensare che il Presidente ad interim confidi ancora in un aiuto militare americano nel caso i fatti degenerino.
In Venezuela c’è chiaramente uno scontro tra Mosca e Washington, ma mentre i russi danno il loro appoggio a Maduro in maniera più che tangibile, gli americani non sembrano andare oltre le parole e le dichiarazioni di intento.
Non è una differenza da poco e non vorrei che si ripeta quanto accaduto nella prima guerra del Golfo quando il Presidente Bush (padre) abbandonò gli sciiti alla mercé di Saddam dopo aver promesso loro un aiuto militare per abbattere il regime.