Ieri sera due missili sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele cadendo per fortuna in aree disabitate, ma le sirene sono tornate a suonare in diversi consigli regionali costringendo le persone a correre nei rifugi. L’aviazione israeliana ha risposto durante la notte bombardando diversi obbiettivi militari nella Striscia di Gaza. A rivendicare il lancio dei missili sarebbe stata una fazione palestinese affigliata al ISIS, ma su questo punto l’intelligence israeliana ha molti dubbi.

La settimana scorsa c’era già stato un lancio di missili verso Israele e anche in quel caso l’aviazione israeliana aveva risposto immediatamente e, come ieri sera, a rivendicare l’atto terroristico era stata una fantomatica fazione palestinese che si è detta appartenente al ISIS, la stessa che pochi giorni dopo avrebbe lanciato un ultimatum ad Hamas affinché entro 48 ore il gruppo terrorista interrompesse la repressione nei loro confronti. Ma i conti non tornano all’intelligence israeliana che sostiene di non avere notizie di una infiltrazione del ISIS nella Striscia di Gaza o quantomeno non una infiltrazione così massiccia da sfuggire ad Hamas. Non si esclude che ci siano alcuni elementi di Hamas simpatizzanti dello Stato Islamico, più che altro collaboratori del gruppo Ansar Beit al-Maqdis che opera nel Sinai, ma sembra assai improbabile che lo Stato Islamico abbia aperto una succursale a Gaza.

La politica del missile

Sembra invece molto più probabile che Hamas usi, come sempre, il lancio di missili su Israele per ottenere qualcosa o per fare pressione sul Governo israeliano ventilando l’ipotesi di una “pericolosa infiltrazione del ISIS a Gaza”. E’ la cosiddetta politica del missile che riemerge ogni qualvolta Hamas si trova in difficoltà o voglia ottenere qualcosa dal Governo israeliano. In questo caso la responsabilità del tutto viene attribuita a un presunto gruppo jihadista affigliato al ISIS del quale però non vi è traccia da nessuna parte. L’ISIS si sa, fa paura, ed è lo spauracchio di ogni strategia in Medio Oriente, perché non usarlo anche per Gaza? In realtà tutto potrebbe essere legato a presunti colloqui per una tregua di 10 anni tra Israele e l’ala politica di Hamas, colloqui che però non sono mai stati confermati e che sembrerebbero essere in stallo viste le richieste troppo alte da parte di Hamas. E allora si ricorre alla politica del missile e a un presunto pericolo di infiltrazione del ISIS a Gaza.

L’intelligence israeliana non sottovaluta il pericolo ISIS

Tuttavia l’intelligence israeliana non sottovaluta il pericolo di una effettiva infiltrazione del ISIS nella Striscia di Gaza. Secondo una recente ricerca il gradimento del ISIS tra i palestinesi è in fortissima crescita e comunque quasi tutti i palestinesi approvano le azioni dello Stato Islamico, in particolare quelli che abitano in West Bank, il che rende la cosa ancora più inquietante. Ma a Gaza c’è Hamas che controlla praticamente ogni centimetro e non c’è cosa che avvenga a Gaza che Hamas non sappia, quindi secondo l’intelligence israeliana la storia del gruppo del ISIS che in maniera autonoma decide di lanciare missili su Israele non sta in piedi come non hanno convinto le minacce lanciate al gruppo terrorista palestinesi nei giorni scorsi da questi presunti affigliati allo Stato Islamico.

E qui torniamo al discorso della “politica del missile” tanto cara ad Hamas. I servizi segreti israeliani credono che, sebbene non si possa escludere che alcune fazioni di Hamas più convintamente vicine allo Stato Islamico possano immaginare di innescare una esclation, in realtà tutta la questione sia sapientemente guidata da Hamas per uso prettamente interno e per fare pressioni su Israele al fine di arrivare a un accordo di lungo respiro che preveda, tra le altre cose, la costruzione di un porto marittimo a Gaza, il controllo dei miliardi di dollari destinati alla ricostruzione e la fine dell’embargo su Gaza. Tutte robette da nulla insomma.

[glyphicon type=”user”] Scritto da Noemi Cabitza

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