tregua gaza israele clinton morsi

Tutti contenti, tutti a plaudire la coraggiosa mediazione dell’Egitto che ha permesso il raggiungimento della tregua tra Gaza e Israele, tutti a dire che è una vittoria della diplomazia sulle armi. Peccato che tutti, ma proprio tutti, facciano i conti senza l’oste: l’Iran.

E si perché se questa tregua accontenta quasi tutti, ammesso che tenga dato che ieri sera dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco sono piovuti ancora missili sul sud di Israele, di certo rompe le uova nel paniere degli Ayatollah che contavano invece su un conflitto su vasta scala che tenesse impegnato (anche mediaticamente) Israele.

Teheran, per sua stessa ammissione, arma e finanzia Hamas e la Jihad Islamica e non lo fa certo per porre i due gruppi terroristi sotto l’egida e il controllo dell’Egitto come invece prevedono gli accordi di cessate il fuoco. Infatti, dopo molte resistenze, è l’Egitto a fare da garante per i due gruppi terroristi il che significa un impegno serio a impedire nuovi attacchi su Israele. Il compito è difficilissimo perché, detto onestamente, nessuno crede che Hamas e la Jihad Islamica rinunceranno alla lotta armata che per continuare ha bisogno delle armi iraniane e dei famigerati missili Fajr 5.

La sensazione, generalizzata, è che Hamas e Jihad Islamica avevano bisogno di rifiatare e di nuovi rifornimenti di missili dato che l’aviazione israeliana ha distrutto quasi tutti gli arsenali e che in pochi giorni sono stati sparati su Israele oltre mille missili. Secondo molti analisti i depositi dei terroristi erano ormai esangui.

E’ adesso quindi che l’Egitto deve fare il suo lavoro di “garante” impedendo che nuove armi iraniane giungano nella Striscia di Gaza attraverso il suo territorio. Solo in questo modo si potrà sperare che la tregua iniziata ieri sera alle 9 possa durare un po’ più a lungo.

Solo che gli iraniani sono maestri nell’aggirare i controlli e c’è da giurare che continueranno a rifornire di missili i terroristi di Gaza. Quindi nel volgere di poco tempo tutto tornerà come prima e i missili torneranno a piovere su Israele.

Poi c’è l’incognita degli altri gruppi terroristici, quelli piccoli e irriducibili sempre legati a Teheran, che potrebbero cercare di rompere la tregua con attacchi isolati o con lanci di missili. Secondo il portavoce dell’IDF nell’immediato è il rischio più grosso dato che Hamas e Jihad Islamica per il momento hanno tutto l’interesse che la tregua tenga.

Infine c’è il fronte nord, quello dei confini con Siria e Libano, da tenere in considerazione. In questi giorni è stato trascurato dai media ma la tensione è altissima. Perso momentaneamente il fronte sud, l’Iran potrebbe puntare su Hezbollah per aprire un fronte a nord. E’ un timore molto forte anche tra le fila dell’intelligence militare israeliana e diffuso tra diversi analisti tanto che qualcuno sostiene che il richiamo dei riservisti non fosse tanto in previsione di un attacco di terra a Gaza ma che fosse legato alla situazione nel nord.

Insomma, si aspetti a gioire per la tregua tra Israele e Gaza, già fragilissima di se potrebbe aprire altri fronti ben più importanti. L’Iran non si arrenderà tanto facilmente e la Clinton, Morsi, Ban Ki-moon e tutti gli altri potrebbero accorgersi di aver fatto i conti senza l’oste.

Noemi Cabitza