Il massacro di Parigi sarà probabilmente ricordato come il punto di svolta della strategia europea nei confronti del terrorismo islamico. Ora si parla di “guerra” non più solo di “contrasto passivo” al terrorismo islamico e jihadista. Da venerdì sera tutto il mondo è consapevole del rischio che corre, ma soprattutto è consapevole che con queste bestie non si può trattare, non ci si può discutere, non si possono contrastare passivamente, l’unica soluzione è andarli a stanare ed eliminarli.
Ora però il mondo non deve fare lo stesso errore fatto in altre occasioni, non deve cioè fare distinzione tra terrorismo e terrorismo, tra terrorismo islamico e terrorismo islamico. A prescindere dalla sigla o dall’appartenenza alle varie confessioni, il terrorismo islamico ha un solo univoco obiettivo che è quello di distruggere il nostro mondo, il nostro modo di vivere. In sostanza l’obiettivo di qualsiasi gruppo o regime islamico estremista siamo noi, è l’occidente e la sua democrazia.
Se qualcuno dovesse pensare di risolvere il problema semplicemente eliminando l’ISIS e i gruppi ad esso collegati commette un errore che potrebbe risultare fatale in un prossimo futuro. Il terrorismo islamico non si chiama solo ISIS come non si chiamava solo Al Qaeda fino a qualche anno fa. Il terrorismo islamico si chiama anche Hamas, Hezbollah, Al Fatah, Jihad Islamica. Il terrorismo islamico è anche nelle politiche aggressive di Stati come l’Iran, il Qatar e tanti altri che come loro professano come obiettivo primario l’espansione dell’Islam e l’applicazione globale della legge islamica, quella che in Iran chiamano “rivoluzione islamica”. Parlare di guerra al terrorismo islamico senza considerare tutte le sue possibili varianti è solo un esercizio linguistico, un inutile proclama come ne abbiamo sentiti tante altre volte.
E non si può fare nemmeno una guerra continuando a mettersi in casa il nemico con quel termine che chiamiamo genericamente “accoglienza”, contribuendo così a formare tante quinte colonne pronte ad agire in casa nostra, oppure dando agli sceicchi arabi libero accesso alle nostre migliori realtà commerciali e produttive. Questo modo di pensare e di agire va rivisto completamente come va rivisto l’approccio ai regimi che predicano la rivoluzione islamica e la diffusione della Sharia. Fare affari con regimi come l’Iran (solo per citarne uno) significa finanziare il terrorismo islamico e questo è del tutto paradossale oltre che pazzesco. E’ come se noi occidentali finanziassimo la nostra fine. Lo stesso dicasi per i finanziamenti ai gruppi che fomentano la Jihad come i palestinesi della ANP, moderati solo in apparenza. Se vogliamo combattere una vera guerra al terrorismo islamico questa guerra deve essere totale e supportata da fatti concreti altrimenti sarà un problema che non risolveremo mai, faremo solo in modo di rinviarlo per un po’ di tempo.
Scritto da Einav Ben H.