Continua in tutto il mondo l’ossessione per la questione del conflitto israelo-palestinese. Ora è la Francia che presenta un suo proprio piano di pace arrivando addirittura a fissare un termine per raggiungere un accordo, una specie di ultimatum rivolto più a Israele che alla Palestina. Lo riporta Le Figaro nell’edizione andata in edicola ieri.

Il piano francese ricalca quasi totalmente quello presentato 13 anni fa dall’Arabia Saudita salvo in un dettaglio non da poco: prevede da parte palestinese il riconoscimento di Israele come Stato Ebraico. Oltre a questo prevede il ritiro di Israele entro i confini precedenti al 1967 da effettuarsi tenendo conto delle ragioni di sicurezza di Israele ed eventualmente con uno scambio compensativo di terre che però non si capisce cosa sia esattamente dato che di fatto sarebbe Israele a dover cedere terreno in via del tutto unilaterale. Il piano francese è fumoso poi sul destino di Gerusalemme Est e sul cosiddetto “ritorno dei profughi”, questioni che secondo Parigi dovrebbero essere affrontate in sede di trattativa diretta. Ma la cosa assai bizzarra è che i francesi pongono un termine per il raggiungimento di questo pseudo accordo, 18 mesi, passai i quali se non si sarà raggiunto un accordo la Francia provvederà al riconoscimento della Palestina. Il Piano francese, secondo Le Figaro, sarebbe stato inviato a Gran Bretagna e Germania ottenendo un certo consenso.

Ora, a parte che non si capisce bene come possa la Francia arrogarsi il Diritto di imporre condizioni e scadenze ad un governo libero e democratico come quello israeliano, quello che salta agli occhi è che il piano di Parigi non è un piano di pace ma è un diktat rivolto a Israele che oltretutto non piace nemmeno agli arabi perché prevede il riconoscimento di Israele come Stato Ebraico, cioè l’unica cosa che Abu Mazen non farà mai. Oltretutto detto “piano” affronta solo la problematica territoriale riguardante la Giudea e la Samaria dimenticando completamente che di fatto ci sono due Palestine, con due governi e due politiche differenti, quella di Ramallah governata dalla ANP e quella di Gaza governata da Hamas. Non è un dettaglio da poco.

Non passa giorno che qualche scienziato occidentale non se ne esca con una soluzione per il conflitto israelo-palestinese dimenticando però alcuni punti di fondamentale importanza, cioè:

  1. Con chi deve trattare Israele? Con la ANP o con Hamas?
  2. Cosa si intende con “riconoscimento della Palestina”? Si intende riconoscere la Palestina della ANP o quella di Hamas?
  3. Con il cosiddetto “rientro dei profughi” si intende applicare il Diritto Internazionale o il Diritto ad hoc creato per i palestinesi? Cioè, si intende applicare il Diritto internazionale rappresentato dalla UNHCR nel qual caso i profughi sarebbero solo qualche decina di migliaia, oppure si intende applicare quello palestinese della UNRWA che prevede 4,2 milioni di profughi?
  4. Infine ma non ultimo, qualcuno ha spiegato ad Abu Mazen o a chiunque altro cosa comporta essere uno Stato indipendente? Cioè, gli hanno spiegato che una volta stabiliti i confini e tutto il resto dovrà cavarsela da solo? E siamo sicuri che gli andrà bene tutto questo? Gli hanno spiegato che come Stato un eventuale attacco terroristico a Israele non sarà più “solo” un attacco terroristico ma sarà l’attacco di uno Stato sovrano contro un altro Stato sovrano?

Giusto per essere chiari, le nostre sono tutte riflessioni inutili perché Abu Mazen vive di propaganda ma nella realtà non gli interessa affatto che la Palestina diventi uno Stato indipendente che viva in pace a fianco di Israele, primo perché non rinuncerebbe mai ai miliardi di aiuti, secondo perché non riconoscerà mai Israele in quanto sarebbe la sua morte fisica (politicamente è morto da un bel po’). Solo che vorremmo che queste semplicissime riflessioni le facessero anche le decine di migliaia di scienziati e “angeli della pace” vari che ogni giorno si riempiono la bocca di soluzioni per il conflitto israelo-palestinese. Ma tanto sappiamo che sono solo parole al vento.

[glyphicon type=”user”] Scritto da Maurizia De Groot Vos

[glyphicon type=”euro”] Sostieni Rights Reporter