Dopo due mesi di pausa dovuti ai colloqui di pace tra i ribelli del gruppo M23 e il Governo della Repubblica Democratica del Congo, colloqui miseramente falliti pochi giorni fa, sono ripresi gli scontri nel Nord del Kivu nei pressi della città di Goma.
I nuovi improvvisi e violentissimi combattimenti hanno spinto alla fuga decine di migliaia persone che si sono riversate nei campi profughi intorno a Kivu o si sono rifugiate nella vicina Uganda dove il numero di profughi congolesi ha raggiunto l’impressionante numero di 210.000 persone, oltre la metà delle quali sono donne e bambini, un numero difficilmente sostenibile per l’Uganda che ancora ha i propri sfollati interni. Per questo ieri le agenzie umanitarie hanno lanciato un appello per gli aiuti.
Secondo le Nazioni Unite la provincia ugandese più in difficoltà è quella di Kisoro dove la Croce Rossa Internazionale riferisce che migliaia di congolesi vivono in drammatiche situazioni umanitarie con numerosissimi casi di colera e malaria. E il flusso non si ferma. Solo ieri sono arrivati oltre 600 sfollati dal Congo e se i combattimenti continueranno se ne aspettano ancora a migliaia.
Aiuti internazionali sono in arrivo sia in Uganda che in Congo. Taniche per l’acqua potabile, teli impermeabili, zanzariere e kit di alimentazione per i bambini sono i generi più urgenti, ma servono anche le medicine per la malaria e il colera.
Per due mesi il governo ugandese ha cercato di mettere d’accordo i ribelli dell’M23 e il Governo della R.D. Congo organizzando colloqui a Kampala. Ma la scorsa settimana, quando un accordo sembrava vicinissimo, i rappresentanti del Governo congolese hanno improvvisamente e senza alcun motivo lasciato i colloqui. Immancabile la ripresa dei combattimenti con il conseguente esodo di rifugiati. Al momento, secondo l’Onu, i rifugiati interni al Congo e quelli distribuiti tra Uganda e Ruanda, sarebbero oltre tre milioni.
Claudia Colombo