Grazie (o a causa) del Coronavirus il popolo e l’esercito iraniano (non IRGC) si stanno svegliando e ora come non mai stanno seriamente mettendo in discussione il regime degli Ayatollah.

So benissimo che molte volte ci siamo illusi che in Iran potesse avvenire una controrivoluzione, un risveglio delle masse dalla follia islamica che dal 1979 sta letteralmente opprimendo uno dei popoli più laboriosi e ammirabili del mondo, un faro nel buio del mondo islamico. Ma questa volta ci sono tutte le premesse affinché ciò avvenga.

E paradossalmente a fare in modo che forse ciò avvenga è quel virus che sta devastando il mondo, quel COVID-19 che sta mettendo in ginocchio tutto il pianeta.

È infatti la gestione dell’epidemia in Iran da parte del regime che sta portando alla luce un forte ed inedito dissenso popolare verso gli Ayatollah, un dissenso mai visto prima proprio perché a differenza del passato vede coinvolti anche quella larga parte degli iraniani che vivono al di fuori delle grandi città, quello cioè che fino a ieri era stato lo zoccolo duro del regime degli Ayatollah.

L’apice di questo dissenso si è visto lo scorso 29 marzo quando 100 accademici iraniani hanno scritto una lettera aperta indirizzata al grande Ayatollah Ali Khamenei pubblicata su un sito riconducibile a Mir Hossein Mousavi, il leader della Rivoluzione Verde del 2009 che vive ancora agli arresti domiciliari.

La lettera dei 100 accademici iniziava con un inedito attacco diretto alla guida suprema iraniana: signor Khamenei, lei è il colpevole numero 1 nella pandemia di COVID-19 diventata un disastro nazionale. Signor Khamenei, non “guida suprema” o “Ayatollah Khameni” è già audace e inedito.

Poi la lettera prosegue accusando il leader supremo di “offuscamento della verità” arrivando addirittura a prendere in giro apertamente la sua “visione del mondo basata sulla cospirazione” e infine attaccandolo sul fatto di aver ridotto uno dei paesi potenzialmente più ricchi del mondo in una “ironica disgrazia, afflitto dalla povertà e dalla fame nonostante sia inondato di petrolio”.

La lettera dei 100 accademici iraniani è l’apice di uno scontento che le nostre fonti in Iran definiscono “generalizzato” e figlio della grottesca e a volte comica gestione dell’epidemia da parte del regime degli Ayatollah.

Come non ricordare infatti che l’inizio della epidemia di Coronavirus fu contrassegnato prima dalla totale negazione che ci fosse una epidemia in atto, seguita poi dalle più assurde giustificazioni e da comici (ma pericolosissimi) consigli su come combatterla, dal “leccare i santuari sciiti” fino a quello secondo cui per curarsi occorreva “introdurre nell’ano un batuffolo di cotone imbevuto di olio di viola”.

Persino gli scienziati iraniani fecero a gara per rassicurare la popolazione per tenerla buona, come quando Hossein Ali Shahriari, potentissimo e influente membro del comitato medico del parlamento iraniano, disse che “gli scienziati di tutto il mondo stavano arrivando in Iran per apprendere come gli iraniani combattevano il virus”.

Le menzogne del regime sono state seppellite dai cadaveri degli iraniani che nel frattempo morivano a migliaia.

Ed è proprio questo che sta scatenando l’ira del popolo iraniano, anche di quello che fino a qualche mese fa rappresentava lo zoccolo duro del regime degli Ayatollah e che lo sosteneva nonostante tutto.

Il dissenso sta montando velocemente anche tra le fila dell’esercito iraniano, dove per “esercito” si intende tutto il complesso militare non dipendente dalle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), duramente falcidiato dal COVID-19 mentre i pasdaran e gli Ayatollah avevano la precedenza sulle cure e arrivavano addirittura a definire il virus “un segno divino” invitando nel contempo a “diffonderlo ovunque”.

Ed è proprio il malcontento dilagante nell’esercito iraniano la chiave su cui ci dovremmo soffermare, non fosse altro che per i numeri che rappresenta e per la crescente ostilità verso l’IRGC che invece rimane caposaldo del regime.

I militari iraniani potrebbero riuscire dove hanno fallito sette presidenti degli Stati Uniti, 19 direttori della CIA e legioni di laici e dissidenti iraniani: l’abbattimento del regime degli Ayatollah.

So che le mie origini iraniane e il mio amore verso il popolo iraniano potrebbero condizionare i miei pensieri ottimistici, ma ho abbastanza lucidità e informazioni dall’Iran per poter affermare che l’esercito iraniano è a un solo passo dalla rivolta.

E se in passato i generali non hanno mai preso posizione durante le rivolte, questa volta potremmo veramente vedere i militari scendere in piazza con i dissidenti. Questa volta nemmeno la potenza di fuoco dell’IRGC potrebbe bastare al regime.

È troppo vasto il malcontento tra le truppe e tra la popolazione. Troppe bugie da parte del regime e troppi favoritismi verso i pasdaran sull’accesso alle cure, hanno portato la gente comune e i militari a un punto d’odio verso gli Ayatollah che potrebbe essere irreversibile.

Dobbiamo solo attendere e, al momento giusto, non fare come in passato quando abbiamo lasciato gli iraniani da soli. Questa volta dobbiamo essere veramente pronti a supportare concretamente la rivolta iraniana. Potrebbe essere l’unica cosa buona portata da questo terribile virus.