Il Ministro delle finanze israeliano, Moshe Kahlon, ha autorizzato il trasferimento di 120 milioni di shekel (quasi 33 milioni di dollari) alla Autorità Palestinese (AP) come aiuti umanitari in considerazione del fatto che la cosiddetta “Palestina” potrebbe essere colpita abbastanza duramente dal virus COVID-19.

Tuttavia il il pur cospicuo trasferimento soddisfa solo in parte le richieste avanzate dal capo dell’IDF Aviv Kochavi e dal coordinatore delle attività governative nei territori (COGAT), il generale Kamil Abu Rukun, i quali preoccupati che l’avanzare dell’epidemia di COVID-19 nei territori palestinesi potesse pregiudicarne la sicurezza portando al collasso l’Autorità Palestinese, avevano chiesto di trasferire 650 milioni di Shekel, cioè la somma trattenuta da Israele relativa alle tasse che lo Stato Ebraico dovrebbe girare alla AP ma congelata in quanto in parte destinata alle famiglie dei terroristi palestinesi.

Alla base della decisione di Khahlon di girare solo una parte del denaro richiesto dai palestinesi ci sarebbe proprio il rifiuto da parte della Autorità Palestinese di negare il pagamento del vitalizio ai terroristi palestinesi. «Se nonostante la minaccia del Coronavirus ancora pensano di sostenere le famiglie dei terroristi invece che il popolo palestinese bisognoso di cure, allora Israele non può rendersi complice di questo obbrobrio» ha detto un anonimo portavoce di Moshe Kahlon a RR.

Secondo l’Autorità Palestinese al momento ci sarebbero 59 casi di COVID-19 nei territori palestinesi, tuttavia esperti israeliani ritengono che la cifra sia ampiamente sottostimata e temono soprattutto i cosiddetti “numeri in prospettiva” che potrebbero diventare davvero importanti.

In questo momento i territori palestinesi si trovano letteralmente in quarantena visto che la Giordania ha chiuso le sue frontiere e non permette ai cosiddetti “palestinesi” di entrare in territorio giordano, mentre Israele limita fortemente l’ingresso di palestinesi in territorio israeliano.

L’Autorità Palestinese ha ordinato di applicare le direttive dell’OMS, in particolare quelle che vorrebbero limitare al massimo le interazioni sociali, ma non sembra che soprattutto i giovani palestinesi stiano rispettando le direttive aumentando di molto la possibilità che l’epidemia di COVID-19 dilaghi nei territori palestinesi.