Secondo l’agenzia di stampa turca Anadolu ieri sera il Presidente americano, Barack Obama, ha telefonato al suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, per discutere della situazione in Siria dopo che la Turchia si è fatta sempre più minacciosa in merito a un possibile attacco turco di terra in Siria.
Al di la delle dichiarazioni di circostanza (cordoglio per le vittime degli attentati in Turchia e Diritto all’autodifesa di Ankara) sembra che Obama sia molto preoccupato per un eventuale attacco di terra turco in Siria. Il rischio che la Russia reagisca attaccando le truppe turche è altissimo e se ciò avvenisse la NATO sarebbe costretta ad intervenire in difesa della Turchia scatenando una escalation le cui conseguenze sono al momento inimmaginabili. Di questo più che di altro avrebbero parlato i due Presidenti.
Erdogan da mesi scalda i muscoli ed è stato sul punto di intervenire in Siria più di una volta. Dopo gli attentati dei giorni scorsi l’idea di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria è tornata prepotentemente in auge ad Ankara. Ma quella è la zona dove i russi, appoggiati da Iran ed Hezbollah, stanno dando il massimo per riconquistare Aleppo e un ingresso di truppe turche in quell’area scatenerebbe quasi certamente una reazione russa che proprio ieri sera ha chiesto la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu proprio per discutere del rischio di un intervento turco in Siria. Putin ha già avvisato che non tollererà “truppe straniere” in Siria (come se russi, iraniani ed Hezbollah fossero truppe siriane).
Equilibri molto delicati
La situazione tra Russia e Turchia è tesissima tanto che, secondo Haaretz, la Russia ha addirittura espresso preoccupazione per il riavvicinamento tra la Turchia e Israele. Tutto il sottobosco della politica mediorientale è in fermento. In queste ore si stanno decidendo cose importantissime che potrebbero sconvolgere i delicati equilibri della regione e ogni passo falso potrebbe portare verso il baratro. Secondo l’agenzia Anadolu nel suo colloquio con Erdogan, Obama avrebbe espresso preoccupazione per l’avanzata russa nel nord della Siria ma altre fonti indicano che avrebbe anche invitato la Turchia a non fare mosse azzardate che coinvolgerebbero la NATO. Il problema è che Erdogan non sembra sentirci da quell’orecchio ed è sempre più deciso a entrare in Siria, sembra coadiuvato dall’Arabia Saudita. Ufficialmente l’obbiettivo è sempre lo stesso, combattere lo Stato Islamico. In realtà né i russi né i turchi stanno combattendo lo Stato Islamico ma combattono e bombardano tutt’altro. I russi bombardano i ribelli cosiddetti “moderati” mentre ai turchi interessa solamente bombardare i curdi del YPG e del PKK. In mezzo ci sono tutte le manovre di posizionamento in territorio siriano che riguardano più che altro la Russia e l’Iran. A Mosca interessa mantenere le basi navali e aeree in Siria, a Teheran interessa posizionarsi in pianta stabile sul Golan. Ed è proprio questa “manovra di posizionamento” che smuove tutto il sottobosco di interessi regionali. La Turchia non vuole che il nord della Siria passi sotto il controllo russo/iraniano perché vorrebbe dire concederlo anche ai miliziani del YPG e del PKK e nel frattempo chiudere le vie di comunicazione tra Ankara e i movimenti islamisti che operano in Siria, compreso lo Stato Islamico. Israele dal canto suo non vuole che l’Iran si posizioni in pianta stabile nel Golan. A Gerusalemme considerano la minaccia iraniana molto più pericolosa di quella rappresentata dallo Stato Islamico o da Hamas e agiscono di conseguenza. Per questo motivo stanno trattando con la Turchia (e con i sauditi) anche su Gaza. Ma la massiccia offensiva russa nel nord della Siria rischia di compromettere tutto e di spingere la Turchia e, in parte, Israele a compiere mosse pericolose e azzardate in territorio siriano, mosse che potrebbero scatenare la reazione russa.
Su cosa si tratta?
Queste sono ore di febbrili trattative per scongiurare il peggio. Gli Sherpa della politica mediorientale sono al lavoro per trovare una soluzione che vada bene a tutti. Per la Russia il punto incontestabile è il mantenimento delle basi in Siria, una cosa che per il momento non sarebbe tra quelle inaccettabili dai turchi e dagli alleati. Il punto è l’Iran che non vuole rinunciare alla sua presenza in Siria e i curdi che non indietreggiano sulla ipotesi di un’area autonoma sulla falsariga del Kurdistan iracheno. Il primo è un punto inaccettabile per Israele e in parte per la Turchia alleata dell’Arabia Saudita. Il secondo è totalmente inaccettabile per Ankara. E qui si scontrano gli interessi regionali e il peso delle alleanze. I russi per raggiungere l’obiettivo che si sono prefissi hanno bisogno del sostegno a terra dei pasdaran iraniani e di Hezbollah che in cambio chiedono però di garantire la loro presenza in Siria. Lo stesso discorso vale per i curdi del YPG e solo in parte anche per il PKK. Il punto su cui si tratta allora è: come garantire alla Russia le sue basi in Siria senza che gli iraniani si posizionino in pianta stabile in Siria e senza permettere ai curdi di ottenere una regione autonoma? Su questo si sta trattando in queste ore ed è per questo che Obama chiede a Erdogan di stare buono. Il problema è convincere Putin che può ottenere quello che vuole senza avvalersi dell’aiuto degli iraniani, di Hezbollah e dei curdi, missione certamente non semplice anche perché per Mosca vorrebbe dire rivedere tutta la sua politica internazionale e le sue alleanze.
Il punto morto e il rischio della devastante rottura
Per questi motivi dettati dai fragilissimi equilibri si è a un punto morto che rischia di portare tutti verso una devastante rottura. I russi potrebbero trattare solo dopo la conquista di Aleppo che però vorrebbe dire dare più forza alle richieste iraniane e curde. Obama sembra convinto di poter trattare con Putin lasciandogli campo libero ad Aleppo e per questo chiede agli alleati di non forzare la mano. Ma che dopo la conquista di Aleppo la Russia rinneghi gli accordi con l’Iran, Hezbollah e curdi è piuttosto improbabile, questo lo sanno benissimo sia ad Ankara che a Gerusalemme. Per questo motivo in queste ore i canali tra Ankara, Gerusalemme e Riad sono bollenti. Quello che si deciderà in queste sarà fondamentale per capire come cambieranno gli equilibri in Medio Oriente e come evolverà la crisi tra Russia e Turchia, una crisi che indirettamente coinvolge tutti i pesi e contrappesi regionali.
Scritto da Paola P.