Una breve premessa: quando si parla di elezioni in Iran non si parla di nulla di democratico, prima di tutto perché sono i Mullah a decide chi partecipa alla competizione e chi no, in secondo luogo perché il vero potere in Iran non è nelle mani del Presidente ma della Guida Suprema, Ali Khamenei, e dei Guardiani della Rivoluzione iraniana.
Ciò detto, le elezioni in Iran saranno tra una settimana, il 19 maggio, e con un certo disinteresse dei media occidentali sembra che ci si avvii verso un cambio della guardia ai vertici politici iraniani. L’attuale Presidente, Hassan Rouhani, se la dovrà vedere con altri cinque concorrenti alla presidenza tra i quali il più temibile, secondo recenti sondaggi, è Ebrahim Raisi, un nazionalista convinto molto vicino al corpo dei pasdaran che ha impostato tutta la sua campagna sul concetto “trumpiano” che recita “Make Iran Great Again”. Non è servito a Rohuani l’accordo sul nucleare iraniano che a portato pochissimi benefici alla popolazione nonostante abbia contribuito a risollevare un poco l’economia iraniana. Quell’accordo ha avuto un impatto minimo sull’uomo della strada iraniano ed è quindi difficile per Rouhani sbandierarlo come un suo successo. Per di più Hassan Rouhani non potrà quasi certamente contare sull’appoggio dei giovani riformisti, un appoggio che nel 2013 lo aveva portato al potere anche a seguito di promesse in merito alle riforme e all’impegno di rendere liberi i due leader dell’opposizione riformista, Mir Hussein Moussavi e Mehdi Karrubi, che però sono ancora agli arresti domiciliari. Molti analisti stimano che quelle promesse mancate terranno lontano dalle urne milioni di riformisti sui quali quindi Rouhani non potrà più contare.
Al contrario, Ebrahim Raisi può contare sull’appoggio della Guida Suprema e su quello, forse più importante, del corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana che nelle ultime settimane hanno fatto una campagna a suo favore davvero battente puntando tutto sul nazionalismo e sul “fare di nuovo grande l’Iran” che tanto appassiona i milioni di estremisti iraniani. Tutta la campagna elettorale di Ebrahim Raisi si è basata sullo sfruttamento del forte sentimento anti-occidentale presente in ampia parte della popolazione iraniana, specialmente in quella che abita fuori dalle città che vive di zappa e Corano e che vede Hassan Rouhani come un presidente “troppo amico dell’occidente”. E sembra che tutto ciò paghi.
La stampa occidentale continua a dare per favorito Hassan Rouhani ma sinceramente noi pensiamo che il vero favorito alle elezioni in Iran sia Ebrahim Raisi. Tutto dipenderà dalla percentuale di astensionismo tra i riformisti che, a detta dei sondaggi, sarà molto alto. Negli ultimi dibattiti televisivi Rouhani ha tentato di recuperare consensi attaccando proprio chi maggiormente sostiene Raisi, cioè il corpo della Guardie della Rivoluzione, accusate tra le altre cose di aver cercato di boicottare l’accordo sul nucleare iraniano che proprio Rouhani sbandiera come un suo grande risultato e di aver ucciso e incarcerato i dissidenti per 38 anni, cioè dalla nascita del regime. Ma questa tattica non sembra per il momento aver convinto i riformisti ad andare a votare.