Come faranno in Vaticano a gestire tutti questi “angeli della pace”? Il termine venne coniato nel 2015 da Papa Francesco in occasione della visita presso la Santa Sede di Maḥmud Abbas (Abu Mazen) durante la quale Bergoglio definì il capo terrorista palestinese «uomo di pace» e donandogli un medaglione raffigurante l’Angelo della Pace lo invitò a fare proprio come quell’angelo, cioè a «distruggere lo spirito cattivo della guerra».
Con Abu Mazen quell’invito cadde nel nulla, com’era d’altra parte prevedibile visto che difficilmente un diavolo può diventare un santo.
L’anno successivo fu la volta del Presidente iraniano, Hassan Rouhani, che venne accolto in Vaticano con tutti gli onori e al quale il Papa donò un medaglione raffigurante San Martino che dona il suo mantello al povero. Anche il quella occasione Bergoglio augurò al Presidente iraniano di continuare «il lavoro per la pace». Il risultato del “lavoro per la pace” fatto da Rouhani negli anni successivi lo vediamo oggi in Medio Oriente.
Cosa dirà oggi Papa Francesco a Erdogan? Quale invito gli farà? Parlerà della strage di curdi oppure sorvolerà allegramente sui misfatti del criminale di Istanbul come ha fatto con Abu Mazen e Hassan Rouhani? Gli parlerà dei giornalisti turchi incarcerati e dei Diritti Umani ai minimi termini in Turchia, oppure si piegherà ai desiderata del sultano turco che considera tutti gli oppositori alla stregua di terroristi?
Su una cosa si può essere certi. Erdogan e Papa Francesco sono d’accordo su Gerusalemme. Fu proprio la decisione di Trump di riconoscere la città santa quale capitale di Israele a spingere Erdogan a telefonare a Papa Francesco, telefonata durante la quale i due convennero che bisognava «proteggere lo status quo di Gerusalemme, città sacra per l’islam, il cristianesimo e l’ebraismo».
Ed è proprio su quel “proteggere Gerusalemme” che vorrei focalizzare l’attenzione. Proteggere da chi? Dagli israeliani? Ma se gli israeliani sono gli unici che garantiscono l’accesso a tutti i luoghi santi delle tre religioni monoteiste? E sono sempre gli israeliani ad aver accolto i cristiani in fuga dai territori palestinesi, una fuga che oggi ha fatto si che i cristiani rimasti nei territori controllati dai palestinesi siano appena lo 0,3% della popolazione (forse addirittura di meno, i dati sono discordanti) quando solo nel duemila erano il 2%.
Se Bergoglio volesse davvero proteggere Gerusalemme gli ultimi con cui dovrebbe parlare sono proprio Abu Mazen, Hassan Rouhani e Recep Tayyip Erdogan. Dovrebbe prendere atto che laddove i musulmani hanno preso il controllo di un territorio, da quel territorio i cristiani sono stati costretti a fuggire. E’ un dato di fatto che Bergoglio non ricorda mai, fatto strano per il capo della Chiesa cattolica. Anzi, piuttosto che ricordare questo dato di fatto preferisce elogiare la “volontà di pace del mondo islamico”, una volontà che vede solo lui e alla quale crede solo lui.
Negli ultimi anni i cristiani in Medio Oriente sono stati fortemente perseguitati e discriminati, e questo è dovuto anche alle politiche di Erdogan il quale per anni ha fatto affari con lo Stato Islamico e ha permesso di usare il territorio turco come una gigantesca piattaforma di supporto logistico dell’ISIS.
Ormai per i cristiani del Medio Oriente l’unica ancora di salvezza è Israele, eppure Bergoglio si schiera incredibilmente con chi perseguita i fedeli cristiani e predica la distruzione del piccolo Stato Ebraico. Questo è un controsenso davvero difficile da spiegare e da capire.
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