Secondo Paul Taylor, noto analista di Politico.com, la Francia è stata “sinceramente sorpresa” dall’offensiva del Generale (o maresciallo) Khalifa Haftar iniziata all’inizio di questo mese contro Tripoli.
La sorpresa è stata così grande che neppure i tanti uomini dell’intelligence francese, che pure agiscono tra le fila di Haftar, sono riusciti a prevedere che il Generale avrebbe dato inizio alla sua offensiva contro il Governo di Unità del Premier Fayez al-Sarraj, proprio quando a Tripoli sbarcava l’inviato del Segretario delle Nazioni Unite per preparare una conferenza di pace che avrebbe dovuto portare la Libia verso le elezioni.
I francesi hanno dimostrato “leggerezza” sia nel modo di sostenere il Generale Haftar che nella sua gestione che, a differenza di quanto credevano a Parigi, non dipende affatto dalla Francia ma risponde a logiche prettamente arabe e quindi difficilmente controllabili.
Un doppio gioco pericoloso
Dopo aver dato la spallata iniziale al regime di Gheddafi, un errore le cui conseguenze sono ben visibili oggi, la Francia ha più o meno apertamente sostenuto il Generale Haftar anche se ufficialmente riconosceva il Governo di al- Sarraj.
Il doppio gioco francese divenne praticamente ufficiale quando nel 2016 morirono tre soldati francesi in un incidente di elicottero che svelò al mondo come Parigi fornisse al Generale Haftar sostegno militare, addestramento e armi.
Parigi voleva trasformare un signore della guerra qual’è appunto Haftar, nell’uomo forte che avrebbe unificato la Libia anche se nel frattempo sosteneva ufficialmente il Governo di Tripoli. Peccato che non abbia fatto i conti con la realtà che riguarda il generalissimo libico e con chi sta dietro ad Haftar, cioè Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto e Russia, che non hanno gli stessi interessi di Parigi e che, soprattutto, sono ben consci della natura e del ruolo del Generale Haftar.
Basta guardare la composizione delle forze guidate da Haftar per capire come a Parigi siano andati leggermente in confusione. Pensavano di addestrare e armare un esercito in qualche modo omogeneo mentre in realtà addestravano e armavano miliziani salafiti legati all’Arabia Saudita e addirittura vicini ad Al Qaeda, cioè qualcosa di assolutamente eterogeneo oltre che altamente destabilizzante.
Il doppio gioco della Francia in Libia è stato dilettantesco e allo stesso tempo criminale perché nel tentativo di danneggiare gli interessi italiani cercando di cucirsi addosso un ruolo da protagonista escludendo Roma, come unico risultato ha ottenuto il caos aprendo le porte a quella frammentazione che proprio Haftar avrebbe dovuto evitare.
Gli errori italiani
Non sono però mancati errori da parte italiana che hanno in qualche modo favorito il criminale doppio gioco francese. Il primo errore è stato quello di limitare le proprie azioni al sostegno del Governo di Fayez al-Sarraj senza aprire contemporaneamente anche una linea di contatto con le altre parti in causa, a partire proprio dal Generale Haftar. Una azione del genere avrebbe tagliato fuori la Francia e sarebbe stata ben vista dalle altre tribù.
Logicamente non si sta dicendo che Roma avrebbe dovuto fare un doppio gioco come quello di Parigi, ma che avrebbe dovuto mettere in campo risorse per evitare da un lato di lasciare campo libero ai francesi mentre dall’altro Roma avrebbe dovuto assumersi maggiori responsabilità nei colloqui con le tribù senza delegare tutto alle Nazioni Unite.
In sostanza, l’Italia avrebbe dovuto essere molto più attiva sul terreno, anche usando la sua intelligence che in Libia è molto ben introdotta in ogni settore e tribù, è molto rispettata e soprattutto è presente sin dai tempi di Gheddafi.
Non solo. Roma avrebbe potuto sfruttare i suoi decennali contatti in Libia per aprire canali di comunicazione anche con chi sostiene Haftar, soprattutto con Russia, Arabia Saudita ed Egitto con i quali Roma intrattiene ottimi rapporti diplomatici. Doveva essere l’Italia a coordinare gli sforzi per riunificare la Libia e non le Nazioni Unite o, peggio, la Francia.
Ma stranamente, nonostante la Libia sia di fondamentale importanza per gli interessi italiani, tutto questo non è stato fatto lasciando così campo libero al criminale doppio gioco francese.
Ora forse è troppo tardi per tornare indietro sul campo diplomatico, ma su quello che riguarda gli avvenimenti sul terreno non lo è affatto. L’Italia deve prendersi la responsabilità storica di agire e di proporre soluzioni, anche a costo di coinvolgere i servizi segreti e persino l’esercito.
Certo, le divisioni interne al Governo non aiutano affatto come non aiuta la perenne campagna elettorale. Ma la Libia è troppo importante per Roma per consentire ad altri di fare il lavoro che dovrebbero fare gli italiani. Serve che tutta la politica, a prescindere dalle ideologie, comprenda che l’Italia non può delegare ad altri il proprio lavoro, anche quando questo lavoro non è proprio cristallino. Serve coraggio. Ce lo avranno a Roma?
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