Nei giorni scorsi il leader della Jihad Islamica, secondo gruppo armato della Striscia di Gaza e proxy iraniano, si è recato a Teheran per discutere con gli iraniani in merito alle prossime attività terroristiche contro Israele.
Ziad Nakhala, questo il suo nome, si è impegnato pubblicamente con gli iraniani ad aprire un secondo fronte a sud nel caso di conflitto tra Israele e Hezbollah. Dico pubblicamente perché lo ha ammesso in una intervista rilasciata al canale televisivo statale Al-Alam.
Il viaggio di Ziad Nakhala a Teheran arriva subito dopo la scoperta da parte dell’esercito israeliano di cinque tunnel del terrore costruiti da Hezbollah che dal Libano entrano in Israele, un gravissimo atto di guerra che Israele ha subito denunciato senza tuttavia ricevere dalla comunità internazionale alcun segnale o, al massimo, ricevendo in risposta qualche dichiarazione di circostanza.
E così è successo per le gravissime dichiarazioni pubbliche del capo della Jihad Islamica. Nessuno si è sentito il dovere di criticare il regime iraniano, che la Jihad Islamica arma e finanzia, per questa aperta minaccia a Israele e per pianificare apertamente un conflitto su più fronti con lo Stato Ebraico.
Tutti zitti sui tunnel di Hezbollah, tutti zitti sui propositi della Jihad Islamica, tutti zitti sulla ormai aperta pianificazione da parte iraniana di un attacco alla democrazia israeliana.
Io vorrei che ci si rendesse conto della gravità di questo atteggiamento da parte della comunità internazionale.
Ormai le gravi minacce a Israele da parte dell’Iran, dirette o tramite i suoi proxi nella regione quali Hezbollah e la Jihad Islamica, non sono più solo verbali, sono minacce reali, materiali e concrete. Eppure il silenzio della comunità internazionale è assordante.
Come già detto, qui non si tratta più solo di dichiarazioni di intento, qui si è passati dalle parole ai fatti e ancora ci sono media che criticano i raid preventivi israeliani in Siria, come se l’aggressore fosse Israele invece di essere l’aggredito.
E’ una storia già vista con gli attacchi di Hamas, ma questa volta il rischio è quello di una guerra regionale su vasta scala che potrebbe coinvolgere il Libano, la Siria e persino l’Iraq. Questo incosciente silenzio internazionale deve finire.
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