Israele è in fiamme. Ormai sono oltre 220 gli incendi scoppiati nel nord e nel centro del Paese, troppi per non pensare a un piano orchestrato, troppi per non pensare a un deliberato attacco terroristico.
Nelle scorse ore la polizia israeliana e lo Shin Bet hanno arrestato diversi piromani, l’ultimo nelle prime ore di questa mattina colto sul fatto mentre nei pressi di Gerusalemme stava appiccando l’ennesimo incendio. Altri due sono stati arrestati in flagranza di reato vicino a Beit Meir mentre posizionavano inneschi incendiari. Secondo alcuni media israeliani si tratterebbe di palestinesi alcuni dei quali entrati illegalmente in Israele. Una macchina con targhe false è stata ritrovata poco fuori Oranit, in West Bank, all’interno della quale c’erano decine di inneschi imbevuti di benzina, il che rende ancora più credibile l’ipotesi del terrorismo palestinese anche se per il momento e in mancanza di prove certe persiste una certa prudenza sulla teoria del piano terroristico orchestrato, ma è evidente che se la lunga sequela di incendi può non essere iniziata come un piano terroristico lo è diventata con il passare delle ore. I media arabi gioiscono degli incendi e l’hashtag “Israel is burning” oppure “the Zionist entity is burning” è diventato velocemente virale.
Al momento sono decine di migliaia i cittadini israeliani evacuati dalle loro abitazioni perché minacciate dalle fiamme. Molti Paesi, tra i quali l’Italia, la Russia, la Turchia, Cipro e altri, hanno inviato aerei antincendio e squadre di vigili del fuoco per aiutare Israele a combattere le fiamme, ma se come sembra si tratta di un piano terroristico la lotta al fuoco non sarà una passeggiata.
Il Primo Ministro Netanyahu parla comunque di atti di terrorismo anche se per il momento rimane prudente sulla matrice pur facendo notare come né nelle zone palestinesi né nei vicini stati arabi, sebbene le condizioni climatiche siano le stesse che ci sono in Israele, si registrano incendi. Una differenza che si nota subito.
Redazione