Ieri sera Jared Kushner e Jason Greenblatt sono arrivati in Egitto dopo aver fatto tappa in Arabia Saudita. Obiettivo ufficiale del viaggio, discutere con i leader arabi delle crisi regionali a partire dalla questione palestinese. Ufficiosamente però i due incaricati dal Presidente Trump hanno discusso di tutt’altro con i leader arabi.
E’ stato quello del radicamento iraniano in Siria e le mosse per contrastarlo l’argomento principale discusso dagli inviati americani con i leader arabi. Jared Kushner ha ribadito a sauditi ed egiziani che il piano per raggiungere un accordo di pace tra israeliani e palestinesi sarà pronto per la fine dell’estate, un piano che non si dovrebbe discostare di molto da quello trapelato lo scorso gennaio e che ha fatto letteralmente infuriare Abu Mazen. Ma, come detto, il vero punto che ha portato Jared Kushner e Jason Greenblatt a incontrare i leader arabi è il pericolo iraniano.
La questione palestinese passa quindi in secondo piano anche se indirettamente è legata proprio alla lotta al regime iraniano il quale sta cercando in tutti i modi di usare l’annosa disputa tra israeliani e palestinesi per aprire un nuovo fronte contro Gerusalemme, in particolare quello della Striscia di Gaza.
Le provocazioni di Hamas e della Jihad Islamica sarebbero infatti orchestrate da Teheran nel tentativo, per ora vano, di aprire un fronte sud e distrarre parte delle forza militare israeliana dal più importante e pericoloso fronte nord che abbraccia le Alture del Golan arrivando a interessare tutto il confine con il Libano.
Per questo, secondo anonime fonti egiziane, Jared Kushner e Jason Greenblatt avrebbero parlato con il Presidente egiziano, Abdel-Fattah al-Sisi, di come l’Egitto potrebbe essere utile nel caso di un piano umanitario di emergenza per la Striscia di Gaza che, nei piani americani, dovrebbe contribuire a disinnescare l’ipotetico “fronte sud” per Israele e lasciare quindi che lo Stato Ebraico si concentri sul ben più importante “fronte nord”.
Quindi la cosiddetta “questione palestinese” sarebbe stata affrontata solo in quanto parte di un problema più grande e non in quanto problema principale come invece si vuol far credere ufficialmente.
Netanyahu non vuole aprire un fronte sud
Nonostante le tante critiche piovute sul Governo israeliano in merito alla “tiepida reazione” rispetto alle pesanti provocazioni di Hamas, Netanyahu continua a non voler aprire un fronte sud con la Striscia di Gaza. Il Premier israeliano è molto più preoccupato da quello che sta avvenendo in Siria dove nonostante gli avvertimenti e le azioni concrete (bombardamenti di diverse basi iraniane), gli iraniani continuano nel loro posizionamento che nelle intenzioni di Teheran dovrebbe diventare un vero e proprio radicamento stanziale in territorio siriano. Un pericolo mortale che Israele non può permettersi. La “bomba Gaza” va quindi disinnescata diversamente perché un eventuale fronte sud comprometterebbe i piani israeliani sul fronte nord, piani che prevedono anche scenari estremi che richiedono importanti risorse militari e di intelligence.