Sulla Libia è arrivato il momento delle politica pragmatica e il pragmatismo vuole che la comunità internazionale tratti anche con il Generale Haftar oltre che con il Governo di Tripoli. E’ la situazione sul terreno a richiederlo.
In Italia la discussione sulla Libia è concentrata totalmente sulla questione migranti e spesso ci si dimentica quanto invece la Libia sia importante per ben altre faccende, come per esempio l’importanza di avere in Libia chi contrasta l’estremismo islamico e il terrorismo che ne deriva. Ci si dimentica che l’Europa e soprattutto l’Italia non si possono permettere di avere una situazione del tipo “Somalia” a poche centinaia di Km dalle coste europee. Non parliamo poi dell’importanza della Libia nel settore energetico.
“Una Libia divisa non serve a nessuno, tanto meno all’Italia”
Il Generale Haftar controlla praticamente i due terzi del territorio libico e questa già importante percentuale è destinata ad aumentare nel breve periodo. Sostenuto dalla Russia, dall’Egitto e dai Paesi del Golfo il Generale Haftar sembra essere l’unico in grado di unire effettivamente la Libia e di impedire che gruppi terroristici come ISIS, Al Qaeda e soprattutto la Fratellanza Musulmana prendano il controllo di vaste aree del territorio libico. Non ci si spiega quindi come, l’ONU, l’Europa e in particolare l’Italia continuino imperterriti nella politica di sostegno incondizionato al Governo di Tripoli retto da Fayez al-Sarraj il quale nel quadro libico conta pochissimo e risulta persino divisivo. Una Libia divisa non serve a nessuno, tanto meno all’Italia che al di la del problema dei migranti ha importantissimi e fondamentali interessi strategici da difendere.
Sebbene sotto la guida di Minniti la politica italiana sia leggermente cambiata negli ultimi tempi, quello che serve ora è guardare oltre l’orizzonte delimitato dal sostegno al Governo di Tripoli, un sostegno che chiaramente non va tolto ma che non può nemmeno essere incondizionato o semplicemente cieco. Insomma, dopo aver puntato sul cavallo sbagliato è arrivato il momento di essere pragmatici e di guardare anche ad altri cavalli e ad altri fantini.
“Non c’è stata alcuna intesa con noi. Io non vi ho dato alcuna luce verde”
In una intervista al Corriere della Sera il Generale Haftar tocca alcuni punti fondamentali e neppure tanto velatamente chiede un riconoscimento da parte dell’Italia quando a una domanda specifica sull’accordo tra Roma e Tripoli sul controllo dei migranti al giornalista che gli fa notare che alla base di quell’accordo non c’è da parte italiana alcuna mira aggressiva, risponde affermando che «non c’è stata alcuna intesa con noi. Io non vi ho dato alcuna luce verde. Non solo, nessuno ci ha mai detto nulla. È stato un fatto compiuto, imposto senza consultarci». Ecco, Haftar chiede rispetto, quel rispetto dovuto a chi bene o male controlla i due terzi della Libia, un rispetto che però l’Italia non gli ha dato. Sono piccole cose, al momento l’Italia ha una sola nave in Libia, ma sono dettagli importantissimi in politica.
“Il problema migranti non si risolve sulle nostre coste. Se non partono più via mare ce li dobbiamo tenere noi e la cosa non è possibile”
Purtroppo in Italia si sta facendo l’errore di accentrare sulla questione dei migranti tutto il dibattito politico e mediato che gira intorno alla Libia quando la questione è molto più complessa e articolata. Certo, la questione migranti è importante per l’Italia, ma metterla sopra tutte le altre importantissime questioni che riguardano il problema libico è un errore politico clamoroso. Non solo. Sempre leggendo l’intervista del Corriere della Sera al Generale Haftar, emerge una sua proposta che risolverebbe ben due problemi, quello delle condizioni di detenzione dei migranti in Libia e quello di fermare lo tsunami migratorio bloccandolo alla base. «Il problema migranti non si risolve sulle nostre coste. Se non partono più via mare ce li dobbiamo tenere noi e la cosa non è possibile» dice il Generale Haftar al Corriere prima di lanciare la sua proposta che sostanzialmente è quella di bloccare i flussi sul confine sud della Libia. «Dobbiamo lavorare assieme per bloccare i flussi sui 4.000 chilometri del confine desertico libico nel sud. I miei soldati sono pronti. Io controllo oltre tre quarti del Paese. Possiedo la mano d’opera, ma mi mancano i mezzi». Ed è sul quel “dobbiamo lavorare insieme” che si dovrebbe concentrare la politica italiana, non solo sulla questione dei migranti ma anche sulle altre fondamentali questioni strategiche. Non cogliere nelle parole del Generale Haftar un messaggio di apertura all’Italia sarebbe l’ennesimo clamoroso errore della politica italiana.
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