In Medio Oriente nulla è chiaro e nulla è scontato, tuttavia se si seguono i movimenti degli uomini “che contano” si possono fare supposizioni abbastanza precise su quello che si sta preparando nella regione più “calda” del mondo.
Ieri il potentissimo capo dei servizi segreti egiziani, il Generale Abbas Kamel, era a Tel Aviv per discutere direttamente con i vertici israeliani il perfezionamento dell’accordo di tregua tra Israele ed Hamas. I punti sui quali ancora si discute sono diversi ma la volontà egiziana e israeliana di chiudere in fretta la faccenda con Hamas sembra dare una spinta alla chiusura dell’accordo.
Israele ha la necessità impellente di concentrarsi seriamente sul suo fronte nord da dove arriva il pericolo maggiore per lo Stato Ebraico, quello iraniano in Siria e soprattutto quello legato a Hezbollah che al di la dei vari scenari disegnati da analisti ed “esperti” rimane per Israele il pericolo maggiore da fronteggiare.
Il pre-accordo con Hamas raggiunto nei giorni scorsi al Cairo sembra per il momento tenere. Il lancio dei palloni incendiari sul sud di Israele si è praticamente fermato (ieri un solo pallone è stato lanciato) e le proteste lungo il confine sono per il momento ferme. Israele per questo ha riaperto il valico di Kerem Shalom e ha iniziato a far affluire gli aiuti alla Striscia di Gaza. Anche la zona di pesca davanti alla Striscia di Gaza è stata allargata. Queste erano le precondizioni necessarie per poter approntare un accordo di cessate il fuoco di lunga durata.
L’accordo con Hamas rovina i piani iraniani
L’accordo tra Israele ed Hamas rovina i piani iraniani che erano volti a costringere lo Stato Ebraico ad essere impegnato su due fronti e quindi a sguarnire parzialmente il fronte nord. Per questo nell’accordo tra Israele ed Hamas ci sarebbe un capitolato che impone ai terroristi che tengono in ostaggio la Striscia di Gaza di tenere sotto controllo e ad essere responsabili delle attività della Jihad Islamica, legata direttamente a Teheran. Quella degli jihadisti legati all’Iran è l’incognita più pesante che grava sull’accordo tra Hamas e Israele. Difficilmente infatti la Jihad Islamica se ne starà buona senza cercare di lanciare provocazioni volte a rovinare quell’accordo. Ma Hamas si sarebbe assunto l’onere di bloccare qualsiasi azione degli jihadisti iraniani anche con il supporto dei servizi segreti egiziani.
Il fronte nord
Intanto sul fronte nord ci si prepara all’inevitabile scontro con gli iraniani e con gli Hezbollah. La Russia ha deciso di garantire che gli iraniani non si posizioneranno entro gli 80 Km dal confine con Israele. Ma 80 Km sono una inezia per i missili iraniani, così Israele che chiedeva l’espulsione delle forze iraniane dalla Siria o comunque un’area “iranian-free” ben più vasta, non è affatto contento della decisione di Putin. Tutti a Gerusalemme danno per inevitabile uno scontro diretto con gli iraniani e con Hezbollah. Un detonatore del conflitto poteva essere una guerra di terra a Gaza, ma almeno per il momento questa eventualità sembrerebbe scongiurata. Un secondo detonatore potrebbe essere un ulteriore attacco israeliano alle forze iraniane in Siria il quale potrebbe innescare un meccanismo di azione-reazione difficilmente controllabile. In ogni caso gli israeliani sono decisissimi a non permettere agli iraniani di posizionarsi stabilmente in Siria e di impedire che Teheran trasformi la Siria in una base di lancio per attacchi contro Israele o in un immenso deposito di armi a disposizione delle milizie sciite. E visto che di sicuro gli iraniani non rinunceranno alle loro posizioni in Siria lo scontro diventa inevitabile.
Tutte le azioni implementate dal Governo israeliano nelle ultime settimane sono quindi volte a preparare l’inevitabile scontro con Teheran, specie dopo che la Russia ha ceduto alle pretese iraniane in merito alla loro presenza in Siria. Tra queste c’è anche l’accordo con Hamas (indigesto a molti) che dovrebbe mettere al sicuro il fronte sud.
Si prepara un autunno molto caldo in Medio Oriente e in tutto questo susseguirsi di azioni e reazioni, mosse e contromosse, l’unica cosa che non può non sfuggire è la completa assenza degli Stati Uniti, un silenzio e una inattività che si spera sia legata alla discrezione e non al disinteresse.