È ora che Netanyahu si assuma le sue responsabilità

Un sondaggio del Times of Israel rivela che "Solo 32% degli israeliani approva Netanyahu". Il gabinetto di guerra ribolle e gli attacchi al Premier sono ormai aperti e sempre più duri. "Mentre negli oscuri tunnel di Gaza gli ostaggi subiscono le agonie dell’inferno alcuni politici pensano a se stessi" dice Benny Gantz
19 Maggio 2024
responsabilità di netanyahu

Due giorni fa sul Jerusalem Post è stato pubblicato un editoriale a firma Yaakov Katz nel quale l’editorialista attacca Benjamin Netanyahu e lo fa in modo durissimo come raramente si era visto. Sul Jerusalem Post, non su Haaretz.

Nel suo editoriale Katz rimprovera il Primo Ministro di non aver partecipato a nessuna manifestazione per il giorno della indipendenza e di averlo fatto per paura di essere contestato. Netanyahu aveva paura delle domande che gli avrebbero fatto.

Netanyahu non parla con i media israeliani. Il motivo lo spiega ancora Katz il quale scrive che non lo fa perché: “gli verrebbe chiesto dei suoi fallimenti prima del 7 ottobre, delle sue politiche poco chiare da allora, il motivo per cui preferisce litigare con Biden e non con Ben-Gvir e il motivo per cui si è rifiutato di presentarsi a tutte le cerimonie del Giorno dell’Indipendenza che, dalla fondazione dello Stato, hanno visto la partecipazione del primo ministro”.

E poi Yaakov Katz affonda la lama nella piaga: “Sì, potrebbe essere stato criticato, e sì, alcuni dei soldati o degli ospiti potrebbero essersi rifiutati di stringergli la mano. Ma questo è ciò che accade quando, come primo ministro, si è al comando mentre si verifica il più grande disastro per il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto. È il prezzo da pagare per voler essere al potere”.

Essere primo ministro significa sapere di dover pagare il prezzo delle proprie decisioni e delle proprie politiche. Rifiutarsi di farlo è indice di una mancanza di leadership e, temo, rafforza persino Hamas, che vede che la sua campagna contro Israele sta funzionando – non solo sulla scena internazionale, dove Israele sta diventando sempre più isolato, ma anche all’interno, dove il primo ministro è sempre più chiuso nei confronti del suo stesso popolo” scrive ancora l’editorialista del Jerusalem Post.

L’editoriale di Katz esce proprio mentre Netanyahu viene criticato dal suo Ministro della Difesa, Yoav Gallant, il quale chiede chiarezza  per il dopoguerra e accusa il Premier di aver gestito male la guerra.

Mentre i soldati israeliani dimostrano un incredibile coraggio al fronte, alcune delle persone che li hanno mandati in battaglia agiscono con codardia e mancanza di responsabilità

Benny Gantz

Poche ore dopo sarà Benny Gantz, ministro della guerra, ad attaccare frontalmente Netanyahu con un vero e proprio ultimatum nel quale chiede un piano per Gaza entro l’8 giugno oppure il suo partito centrista lascerà il Governo.

Netanyahu ha accusato Gantz di “volere la sconfitta di Israele” e subito la replica di Gantz il quale ha dichiarato: “Se il premier mi avesse ascoltato saremmo entrati a Rafah mesi fa e avremmo concluso la missione. Dobbiamo finirla, creare le condizioni per farlo“.

Poi Benny Gantz ha affermato che l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) non dovrebbe governare la Striscia, mentre potrebbero farlo altri palestinesi, con il sostegno dei Paesi arabi e  degli Stati Uniti: “Il primo ministro dovrebbe occuparsi di questo e non boicottare questi sforzi“.

Mentre negli oscuri tunnel di Gaza gli ostaggi subiscono le agonie dell’inferno alcuni politici pensano a se stessi

Benny Gantz

I nodi stanno venendo al pettine e i fallimenti di Netanyahu cominciano ad essere evidenti anche ai suoi più ferventi sostenitori.

  • Quasi otto mesi di guerra e Hamas è ben lungi dall’essere sconfitto. Un solo ostaggio è stato liberato vivo, Ori Megidish, una soldatessa liberata nelle prime ore dell’operazione di terra. Poi il buio.
  • Hamas riempie riempie immediatamente i vuoti lasciati dall’esercito israeliano il quale abbandona le zone che ritiene essere bonificate (leggi Jabalya, Zeitoun e persino Gaza City).
  • Le tensioni con gli Stati Uniti – partner indispensabile per Israele checché ne dicano i leoni da tastiera – sono ai massimi livelli.
  • Decine di migliaia di israeliani abitanti del sud e del nord di Israele sono sfollati interni e non possono tornare alle loro case. E i missili piovo quotidianamente dal Libano e quasi ogni giorno da Gaza.
  • Per non parlare degli enormi sbagli fatti prima del 7 ottobre, a partire dal consentire al Qatar di far entrare ogni mese milioni di dollari in contanti nelle casse di Hamas, fino all’aver spostato l’esercito a difesa dei coloni in Cisgiordania lasciando quasi sguarnito il sud dove i soccorsi sono arrivati ore e ore dopo.
  • Ma soprattutto ha diviso il Paese dando l’impressione ai nemici che Israele fosse debole e quindi attaccabile.

È ora che Netanyahu si assuma le sue responsabilità e che lasci la guida del Paese. In tempo di guerra non ci si può permettere il lusso di avere un comandante in capo che non ne ha azzeccata una, divisivo e poco rispettato. Anche i suoi più ferventi sostenitori cominciano a rendersene conto.

Scrive Yaakov Katz in chiusura del suo editoriale sul Jerusalem Post: “È tempo che Netanyahu riconosca la gravità di questo momento e faccia ciò che è giusto oppure si faccia da parte, chieda elezioni anticipate e permetta al popolo israeliano di decidere chi le guiderà. Rimanere bloccati come siamo adesso non è un piano”. Penso che sia sufficiente.

Sarah G. Frankl

Vive nel sud di Israele. Responsabile della redazione e delle pubblicazioni Breaking News. Cura i social di Rights Reporter. Esperta del settore informatico. Hacker Etica

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