Come avevamo a suo tempo riferito, in Nigeria è in corso da diverse settimane un’ampia operazione militare nel nord del Paese volta a sradicare il terrorismo islamico e in particolare il gruppo terrorista di Boko Haram legato ad Al Qaeda.
Secondo fonti governative l’operazione sta ottenendo ottimi risultati con decine di terroristi arrestati o eliminati, intere città liberate dall’oppressione di Boko Haram e il blocco pressoché totale dei rifornimenti di armi provenienti dall’estero. La lotta è dura, una vera e propria guerra che però sta vedendo le forse governative prevalere sui terroristi islamici.
Solo che, come spesso succede, c’è chi ha qualcosa da ridire. E tanto per cambiare si tratta di Amnesty International, sempre ben disposta a tacere (o quasi) sulle stragi di cristiani ma prontissima a denunciare presunti abusi sui terroristi.
Secondo Lucy Freeman, vice direttore di Amnesty International in Africa, in Nigeria l’esercito violerebbe sistematicamente i Diritti dei terroristi e delle popolazioni interessate dal conflitto in corso. La Freeman sostiene che nello Stato di Borno sarebbero in corso arresti di massa e che l’esercito nigeriano sta commendo abusi sui prigionieri con interrogatori illegali e violenze fisiche. Poi afferma che a causa del conflitto in corso le scuole sono deserte perché i genitori non mandano a scuola i bambini per paura di attacchi alle scuole.
A parte che la Freeman, come sempre, non porta una sola prova a sostegno di quanto afferma, tanto che la smentita da parte del Governo nigeriano è secca oltre che durissima. Poi cosa dovrebbe fare l’esercito nigeriano? Fermare l’offensiva per far riaprire le scuole? E dov’era la Freeman quando i terroristi di Boko Haram impedivano alle bambine di andare a scuola?
Ma il massimo Lucy Freeman lo raggiunge quando afferma che “gli arrestati sospettati di far parte di Boko Haram non godono dei Diritti di cui godono gli altri sospettati di reato, cioè una difesa adeguata, informazioni dettagliate sul motivo del fermo, una sana e confortevole prigione”. Ora, capisco l’ideologia a corrente alternata di Anesty International ma, come detto sopra, stiamo parlando di un vero e proprio conflitto in cui vigono giocoforza le regole di guerra per cui i prigionieri considerati nemici non possono essere equiparati a normali detenuti o delinquenti comuni specie se per di più sono sospettati di terrorismo. Forse la Freeman non ha ben chiara questa differenza e considera i terroristi islamici che da anni massacrano i cristiani nel Nord della Nigeria alla stregua di normali delinquenti.
Ciò non toglie, naturalmente, che l’esercito nigeriano ha il dovere di salvaguardare la popolazione civile e di fare in modo di non arrestare persone che con Boko Haram non c’entrano nulla. Ma questo è un problema che il Governo nigeriano sembra prendere molto sul serio, chiaramente entro i limiti di tollerabilità che impone una situazione di guerra.
Resta il fatto che la polemica innescata dalle dichiarazioni di Amnesty International riapre un vecchio contenzioso in termine di Diritto: quali Diritti hanno i terroristi che si sono macchiati di gravissimi reati e hanno ucciso migliaia di innocenti nel nome di una religione? Possono avere gli stessi Diritti e lo stesso trattamento di un ladro di galline? E in una situazione di guerra anomala come quella contro il terrorismo islamico, è normale chiedere l’applicazione tradizionale dei Diritti Umani o in alcuni casi si può “deviare”? La discussione a tal proposito è molto accesa. C’è chi, come Amnesty International, sostiene che il terrorista ha gli stessi Diritti del ladro di galline e come tale deve essere trattato. Noi crediamo che non sia la stessa cosa e che il terrorismo islamico non si combatte con il buonismo ma con azioni dure e armate stando naturalmente attenti a non coinvolgere innocenti. Ma non possiamo equiparare chi massacra a sangue freddo migliaia di innocenti per ragioni religiose con chi ruba una gallina per fame.
Claudia Colombo