Un durissimo editoriale di Tali Ben Ovadia pubblicato questa mattina su Yedioth Ahronoth attacca a 360 gradi la politica di Netanyahu verso Hamas.

Sin dal suo incipit l’editoriale è tutto un programma. Scrive Tali Ben Ovadia: «ogni round di combattimento con Hamas serve solo a illuminare ulteriormente quanto siano vuote le politiche del primo ministro quando si tratta dei nostri nemici nel sud, e quanto sia incapace di risolvere il problema di Hamas una volta per tutte».

Secondo l’editorialista di Yedioth Ahronoth «è Hamas a decidere quando fare la guerra e quando fare la pace».

A Gaza hanno capito come funziona. Lanciano missili, alzano la tensione, poi un attimo prima che la situazione precipiti propongono un cessate il fuoco che Israele puntualmente accetta.

E’ dal 2014, dalla fine della Operazione Protective Edge, che va avanti così senza che il Governo israeliano sia riuscito a imporre una qualche linea politica da seguire con Hamas dopo il duro colpo inflittogli con la guerra. Insomma, non è stato capitalizzato quel successo. Al contrario, è stato permesso ad Hamas di fare quello che voleva.

Queste in sintesi le critiche rivolte a Netanyahu nell’editoriale di Tali Ben Ovadia che però racchiudono quelle rivolte al Premier sia dall’opposizione che da alcuni suoi alleati.

Veramente Netanyahu ha sbagliato tutto?

Allora, qui entriamo in un campo minato. Da un lato alcune critiche a Netanyahu non sono del tutto campate in aria perché è davanti agli occhi di tutti che effettivamente fino ad oggi Hamas ha potuto decidere quando e come alzare la tensione o, al contrario, abbassarla in cambio di concessioni.

Tuttavia sarebbe semplicistico criticare Netanyahu per la sua politica verso Hamas senza considerare la sua politica di difesa nel complesso.

Prima di tutto, una guerra nella Striscia di Gaza vuol dire perdita di vite umane, vuol dire cioè mettere nel conto che diversi soldati israeliani possano perdere la vita. Non è un discorso da sottovalutare o da prendere alla leggera, non almeno da un Premier minimamente responsabile.

Poi nella scala delle priorità per la difesa nazionale che Netanyahu si è dato, la questione della Striscia di Gaza e quindi di Hamas, viene molto dopo quella che riguarda i rischi de derivano dal fronte nord, cioè dalla Siria e dal Libano, più precisamente da Hezbollah e dalla presenza iraniana in Siria.

Questa scelta del Premier israeliano può essere certamente opinabile, ma sostenere che Netanyahu non abbia alcuna politica verso Hamas solo perché ritiene (a ragion veduta) i terroristi di Gaza meno pericolosi di Hezbollah e dell’Iran, è quantomeno riduttivo se non addirittura sciocco.

Ci si è forse dimenticati dei tunnel di Hezbollah scoperti lo scorso dicembre e cosa potevano rappresentare? Ci si è forse dimenticati che in Siria, a pochi chilometri dal confine con Israele, stanziano circa 80.000 uomini della Brigata di Liberazione del Golan agli ordini dell’Iran e che poco lontano, in Libano, Hezbollah dispone di un vero e proprio esercito e di un arsenale missilistico impressionante?

Il comandante della Forza Quds della Guardia rivoluzionaria iraniana, Qasem Soleimani, incontra il capo della Brigata di liberazione del Golan, Sheikh al-Kabi

Non si può criticare la politica di Netanyahu verso Hamas senza tenere conto del quadro complessivo. Se lo si fa, o non si è capito nulla o si è in malafede e l’attacco contro il Premier è prettamente politico.

Si accusa Netanyahu di non volere una guerra con Hamas? Ma vivaddio… per fortuna che c’è un Premier così responsabile da non volere aprire un fronte a sud quando quello a nord può esplodere da un momento all’altro con tutta la sua potenza.

Si accusa Netanyahu di cedere troppo facilmente alle richieste di Hamas pur di non aprire quel fronte? Forse è vero, ma è altrettanto vero che tutto questo è perfettamente coerente con la linea politica del Premier israeliano.

Se si vuole criticare Netanyahu per la sua politica verso Hamas si abbia almeno il coraggio di mettere in discussione tutto il resto, cioè si abbia il coraggio di dire che Iran ed Hezbollah non sono un pericolo imminente per Israele, che il rischio di una invasione della Galilea è solo una allucinazione e non un rischio reale. Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di farlo.