Africa (Rights Reporter) – A una settimana dall’inizio del summit tra Unione Europea e Unione Africana che si terrà ad Abidjan, in Costa d’Avorio, ieri il Parlamento Europeo ha ospitato una conferenza di altissimo livello intitolata “verso una nuova partnership con l’Africa”.
Molte le presenze di livello, dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, al suo omologo africano, Roger Nkodo Dang, Presidente del Parlamento panafricano, fino al Presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin- Archange Touadéra, passando per Federica Mogherini.
Tutti sono concordi nel dire che le relazioni tra Europa e Africa sono a una svolta. Molti i problemi sul tavolo, da quello recente che riguarda la possibile espansione dello Stato Islamico in Africa, a quelli storici della povertà e della migrazione di massa come conseguenza del mancato sviluppo e della conseguente povertà.
Proprio su questo argomento, a nostro modesto parere, si continua a sbagliare e a proporre ricette che già in passato hanno clamorosamente fallito. Si vuole far passare l’idea che il mancato sviluppo in Africa sia una conseguenza della riduzione dei fondi europei destinati alla sviluppo e per questo Tajani ha ribadito la sua idea di un “Piano Marshall per l’Africa” da 40 miliardi di Euro. Intendiamoci, i tagli alla cooperazione hanno pesato, basti pensare che attualmente i fondi europei destinati alla cooperazione e al piano di investimento in Africa ammontano a “soli” 3,4 miliardi di Euro contro i 40 miliardi che invece propone Tajani. Ma dire che tutte le colpe stanno nella riduzione degli aiuti quando per decenni l’Europa ha inviato decine e decine di miliardi senza avere nessun riscontro nella riduzione della povertà, è profondamente sbagliato.
Non sono i soldi che sono mancati, è mancato il buon utilizzo di quei fondi, persi nei mille rivoli della corruzione e spesso mal utilizzati anche quando lo erano per ragioni nobili. L’Europa voleva arricchire il continente africano e ha finito per arricchire pochi politici e governanti corrotti mentre la gente continuava vivere nella miseria e i conflitti si moltiplicavano. A questo va aggiunta la totale mancanza di un piano articolato, un vero e proprio piano di sviluppo per l’Africa, qualcosa cioè che non risolva il problema in maniera estemporanea ma getti le basi per risolverlo in maniera definitiva. Di interventi d’emergenza se ne sono fatti sin troppi.
Ora si vuol fare la stessa cosa, agire cioè come se si trattasse di una emergenza, si vogliono destinare ben 40 miliardi di Euro per un enorme piano di emergenza (chiamatele Piano Marshall, piano Tajani o come volete, il risultato non cambia) che alla fine non risolverà nulla, non fermerà l’immigrazione, non impedirà ai terroristi islamici di usare la povertà per fare proselitismo. Insomma, si continua a pensare all’Africa come se fosse un continente in perenne stato di emergenza e non come a una futura e potenziale potenza economica. E ne avrebbe di risorse per diventarlo.
Noi non dobbiamo pagare gli africani per tenersi forzatamente gli africani, li dobbiamo aiutare a creare le condizioni affinché gli africani non vedano nella emigrazione l’unica possibilità di sopravvivenza. Questo il cosiddetto “Piano Marshall per l’Africa” non lo fa. E’ vero, mette a disposizione un sacco di soldi, ma è tutto meno che sviluppo. Nella migliore delle ipotesi è assistenzialismo spicciolo, nella peggiore è un finanziamento destinato agli Stati per imbrigliare l’emigrazione. So che a tanti questo starà bene, ma allora non parliamo di fondi per aiutare l’Africa perché non è quella la loro destinazione.
Tutto questo fermerà l’immigrazione? Forse per un po’ si, ma tra qualche mese saremo di nuovo da capo. Dice giustamente Cynthia Samuel-Olonjuwon, Direttore Regionale per l’Africa dell’ILO (International Labour Organization) che «in Africa non c’è bisogno di reinventare la ruota, quella la conoscono anche gli africani», in Africa c’è bisogno di portare sviluppo effettivo non di cambiare per un po’ le rotte della immigrazione. «I piani di sviluppo ci sono, le basi anche, basta dar loro il via» dice ancora la dirigente dell’ILO. Altro che Piano Marshall.