Per un attimo abbiamo creduto che la rivolta in Iran avesse qualcosa a che fare con l’onda verde che nel 2009 mise seriamente in difficoltà il regime degli Ayatollah. Tutto faceva pensare a un moto popolare figlio di quello poi venne vilmente tradito da Obama & C.

Invece con il passare delle ore e dei giorni è apparso chiaro che l’attuale rivolta in Iran con quel movimento che protestava contro la rielezione farlocca di Mahmud Ahmadinejad non aveva nulla a che fare. Questa volta a scendere in piazza non sono stati gli studenti di Teheran figli della media borghesia, questa volta la rivolta è partita da più in basso, da quell’area cioè che dovrebbe essere il bacino dei nazionalisti e degli stessi Ayatollah. Non è un caso che la nuova rivolta in Iran sia partita dalla città di Mashad, cioè dalla culla dei chierici intransigenti e nemici di Hassan Rouhani, abili a cavalcare il serpeggiante malcontento contro un Governo accusato (a ragione) di spendere miliardi di dollari nelle campagne espansionistiche in Medio Oriente piuttosto che nello sviluppo del Paese. Uno degli slogan dei manifestanti era “No Gaza, No Libano, No Siria, la mia vita per l’Iran”.

Non è un caso nemmeno che città come Teheran, Esfahan o Shiraz che nel 2009 furono il centro della rivoluzione verde, oggi siano rimaste piuttosto tiepide verso questa nuova rivolta in Iran. E’ vero, alcuni studenti hanno cercato di cavalcare la nuova rivolta cercando di approfittare della sorpresa per ricordare le promesse mancate da Rouhani in termini di Diritti, ma sono stati subito messi a tacere. Questa rivolta non è contro gli Ayatollah come erroneamente abbiamo creduto o sperato, questa rivolta è contro Hassan Rouhani e probabilmente è stata organizzata dai più intransigenti Ayatollah che non sono d’accordo né con la politica del Presidente iraniano né con quella dei potentissimi Pasdaran, che poi pur essendo due politiche diverse sono comunque funzionali l’una all’altra.

Se quindi qualcuno si dovesse aspettare da questa rivolta in Iran l’inizio di una nuova onda verde finalizzata a un cambio di regime si metta pure il cuore in pace. Non è nulla di tutto questo. Piuttosto è la dimostrazione lampante che il popolo in Iran sta male, che vive in povertà nonostante le potenzialità iraniane, che gli immensi benefici economici derivanti dall’accordo sul nucleare iraniano sono serviti solo ai Pasdaran e non all’economia iraniana.

Mentre le banche iraniane aprivano linee di credito per svariati miliardi di dollari a favore del regime di Assad (si parla di circa cinque miliardi in due anni) per poterlo mantenere in piedi, chiudevano il rubinetto all’economia interna rallentandola non di poco. Mentre il regime iraniano dedicava immense risorse al sostegno di Hezbollah in Libano, dei ribelli Huthi in Yemen e di Hamas e della Jihad Islamica a Gaza, in Iran l’economia andava a rotoli e le classi povere diventavano sempre più povere. Questo è stato a scatenare la rivolta in Iran che, come abbiamo detto, è contro Hassan Rouhani non contro gli Ayatollah o contro i Pasdaran, veri artefici di questo peggioramento delle condizioni di vita del popolo iraniano. E’ vero che ci sono stati cori anche contro il Grande Ayatollah Khamenei, ma sono stati ben presto messi a tacere.

I risultati più evidenti di questa nuova rivolta in Iran per il momento sono quindi quelli che vedono un indebolimento di Rouhani e un rafforzamento dei Pasdaran che anche ieri, attraverso il suo capo storico, il Generale Mohammad Ali Jafari, si sono attribuiti il merito di aver “sconfitto la rivolta”. Punto, la speranza di una nuova onda verde si ferma qui. Mettiamo il cuore in pace, almeno per il momento. Per il futuro si vedrà perché c’è parecchio da lavorare e la speranza di liberare il popolo persiano dalla morsa del regime degli Ayatollah non muore certamente qui.