Il Sudan ha reintrodotto la legge islamica del taglio delle mani e dei piedi. La decisione si inserisce nel quadro della linea imposta dal dittatore sudanese, Omar Al-Bashir, che dopo la separazione del Sud Sudan cristiano aveva deciso di reintrodurre la Sharia in Sudan.
Lo scorso 14 febbraio è stata quindi eseguita la prima sentenza di amputazione delle mani a carico di un uomo accusato di furto. Altre amputazioni sono avvenute i giorni successivi e altre ne sono previste per le prossime settimane.
La International Sudanese Doctors Union ha protestato fermamente per questa assurda decisione di Bashir che va contro ogni concetto di Diritto Umano. Secondo i medici sudanesi l’operazione di amputazione avvenuta presso la struttura medica di Rebat compresa all’interno del comando di polizia va contro ogni etica medica.
Kamal al-Jazouli, avvocato sudanese e attivista dei diritti umani, accusa il regime sudanese di voler introdurre nel paese una politica basata sul terrore. In un Paese povero come il Sudan il furto, anche di piccole cose, è molto diffuso e si prevede che nei prossimi mesi il boia sarà quindi molto attivo.
Durissime le reazioni anche da parte delle maggiori organizzazioni africane per la difesa dei Diritti Umani, le quali hanno lanciato un appello alle Nazioni Unite e ai paesi occidentali affinché facciano pressione sul regime sudanese allo scopo di far rispettare loro gli impegni presi a livello internazionale in termini di giustizia. Secondo il The African Centre for Justice and Peace Studies (ACJPS) la decisione presa dal regime Sudanese fa sprofondare il Sudan nel baratro della Sharia più estrema, un notevole passo indietro anche per un regime come quello di Omar Al-Bashir.
Claudia Colombo