Il presidente/dittatore della Turchia Recep Tayyip Erdogan non vuole semplicemente mettere in prigione il suo principale rivale politico. Vuole seppellire la chiave nelle sabbie del tempo, per più di due millenni. Ne sono testimonianza le accuse mosse questa settimana contro Ekrem Imamoğlu, il popolare sindaco di Istanbul.
La polizia ha arrestato Imamoğlu a marzo, mentre il Partito Popolare Repubblicano (CHP) si preparava a nominarlo candidato presidenziale dell’opposizione. Da allora è in carcere. Martedì un procuratore ha reso note più di 140 accuse penali contro Imamoğlu, che vanno dalla corruzione e dal riciclaggio di denaro alla violazione della legge sulle foreste. L’accusa chiede una pena fino a 2.352 anni.
Le autorità sostengono che Imamoğlu sia a capo di una vasta organizzazione criminale, ma il suo vero reato è la sua popolarità tra gli elettori turchi. Il governo Erdogan ha utilizzato un’accusa inventata per squalificare Imamoğlu dalla corsa alla presidenza nel 2023, dopo che i sondaggi avevano dimostrato che sarebbe stato un forte contendente. Nel 2024 Imamoğlu ha cercato di ottenere un altro mandato come sindaco di Istanbul e ha battuto il candidato preferito da Erdoğan con una vittoria schiacciante.
Questo rifiuto da parte degli elettori ha irritato Erdogan, che è salito alla ribalta politica proprio in quella stessa carica a Istanbul. Come primo ministro e poi come presidente, ha trascorso gli ultimi 22 anni concentrando il potere nelle sue mani. Non ha alcuna intenzione di lasciare che Imamoğlu si frapponga tra lui e un quarto, quinto o duemillesimo mandato come presidente. L’ambizione dittatoriale e l’insicurezza politica di Erdogan spiegano l’eccessiva severità dell’accusa.

