L’autogol di Abu Mazen: ora Israele ne deve approfittare

15 Dicembre 2017

Cosa ha portato a casa Abu Mazen dopo la riunione d’emergenza della OIC (Organizzazione per la Cooperazione Islamica) che si è tenuta ieri a Istanbul? Tante parole ma pochi fatti e, soprattutto, un implicito riconoscimento di Israele che ha fatto infuriare gli iraniani.

E già, perché nel documento finale prodotto dalla OIC non si nega l’esistenza di Israele come avrebbero voluto gli iraniani, anzi, ne emerge un riconoscimento esplicito seppure basato sui fantomatici “confini del 67” che poi confini non sono in quanto trattasi di “linee armistiziali”. Gli iraniani avrebbero invece voluto che, come ha detto ieri sera il portavoce del Ministero degli Esteri di Teheran, «il regime occupante e falso di Israele» venisse proprio disconosciuto.

Non sono bastate nemmeno le pressioni esercitate da Erdogan appoggiate oltre che dall’Iran dal Qatar. Il resto della “nazione islamica” non ne ha voluto sapere di disconoscere Israele e di romprere con il resto del mondo.

Abu Mazen dal canto suo ha fatto la sua bella sceneggiata arrivando addirittura a minacciare gli Stati Uniti e finendo per affermare che «se non ci sarà uno stato palestinese lungo i confini del giugno 1967 con Gerusalemme come capitale, non ci sarà pace nella regione, nei territori o nel mondo», una frase che non è piaciuta nemmeno a J Street, notoriamente benevola con il Presidente palestinese. Poi ha detto che non riconoscerà più gli accordi di Oslo (quando mai lo ha fatto?) e non accetterà più il ruolo degli Stati Uniti come negoziatore, affermazioni che nei fatti dovrebbero isolare completamente l’Autorità Palestinese (AP) visto che la cosiddetta “Palestina” si regge proprio su quegli accordi e sulle forniture che le vengono garantite da Israele quali per esempio l’energia elettrica, l’acqua, le telecomunicazioni, gli strumenti finanziari e persino la raccolta delle imposte. Se Abu Mazen fosse anche solo minimamente coerente rinunciando agli accordi di Oslo rinuncerebbe anche a tutto ciò che viene fornito da Israele e procederebbe sin da subito a implementare tutte quelle cose che servono a creare uno Stato indipendente. Naturalmente Abu Mazen si guarda bene dal farlo in quanto sa benissimo che tutto collasserebbe in pochi giorni, anche se tuttavia non rinuncia a fomentare la violenza, un fatto questo che dovrebbe spingere il Governo israeliano a stroncare unilateralmente tutti i rapporto con la AP.

E sono proprio le bellicose frasi pronunciate da Abu Mazen alla riunione della OIC che potrebbero essere un clamoroso autogol palestinese. Adesso se gli arabi sono coerenti con le loro dichiarazioni dovrebbero rinunciare a tutto ciò che viene fornito loro da Israele e dagli Stati Uniti, a partire dai fondi che il Congresso americano continua a elargire a Ramallah fino alle forniture essenziali quali acqua e luce che Israele garantisce a Giudea e Samaria nonché alla Striscia di Gaza. E chi sostituirà Israele e Stati Uniti in questa infinita “opera di beneficenza”? L’Iran? Non credo. La Turchia? Meno che meno. Il Qatar sta già spendendo un capitale e difficilmente aumenterà i fondi per la Palestina. L’Arabia Saudita ha già detto che non darà più nessun aiuto alla cosiddetta “Palestina”. E allora? Come farà Abu Mazen a dar seguito alle durissime parole pronunciate a favore di “populino islamico”?

Ora Israele dovrebbe approfittare di questo clamoroso autogol del rais palestinese e tagliare tutti i ponti con la Autorità Palestinese che dal mondo islamico ha ricevuto solo un sostegno a parole. Abu Mazen può finalmente cadere e lasciare il posto a qualcuno che sappia e che voglia finalmente trattare con Israele e non pretendere di imporre le proprie linee, naturalmente stando ben attenti a tenere fuori Hamas dalla corsa alla successione del rais. Questo si che sarebbe un grande risultato da attribuire alla decisione del Presidente Trump su Gerusalemme.

Antonio M. Suarez

Laureato in scienze politiche, consulente esterno per diverse agenzie governative. Esperto di questioni e dinamiche islamiche. Vive negli Stati Uniti

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