Con l’uscita di scena di Barack Obama pensavamo tutti di aver chiuso quello che è stato senza dubbio il peggior periodo di politica estera da parte di Washington, un periodo cupo che ha infiammato tutto il mondo e in particolare il Medio Oriente.

Siamo stati troppo ottimisti e, dopo la parentesi di Donald Trump che aveva un po’ risistemato le cose con l’Iran e con i nemici della democrazia in Medio Oriente, con l’avvento di Joe Biden siamo ripiombati in quella politica oscura che tanto male ha fatto al mondo.

Oggi siamo tutti giustamente distratti dalla brutale aggressione russa all’Ucraina, ma i pericoli globali non sono solo nel nord-est europeo. I pericoli per il mondo libero arrivano anche e soprattutto dall’Iran che non per niente è uno dei maggiori alleati di Putin.

Ed è in questo settore che l’arteriosclerotica politica di Biden da veramente il meglio di se. Mentre Biden in Polonia definisce Putin un “macellaio” e un “criminale di guerra” indicandolo come un pericolo per l’occidente e per il mondo democratico e libero, a Vienna si siede allo stesso tavolo della Russia per trovare un accordo sul nucleare iraniano che nel medio termine porterà l’Iran alla bomba atomica e nel brevissimo termine libererà decine di miliardi di dollari che Teheran potrà usare per finanziare il terrorismo islamico e le sue guerre per procura.

Mentre promuove giustissime sanzioni contro Mosca per l’aggressione all’Ucraina, medita di togliere le altrettanto giustissime sanzioni all’Iran inflitte a Teheran non solo per il suo programma nucleare, ma anche per il programma missilistico, per la guerra in Yemen e per il sostegno al terrorismo islamico di Hezbollah.

E mentre il miglior alleato degli Stati Uniti nel Golfo Persico, cioè l’Arabia Saudita, è sotto attacco missilistico e di droni (tutta roba made in Iran), a Washington nemmeno si ricordano di dare almeno sostegno morale a Riad dopo che hanno lasciato il Golfo praticamente alla mercé degli attacchi iraniani ritirando le batterie di Patriot.

Per non parlare poi del precipitoso ritiro dall’Afghanistan, una vera e propria fuga che quasi sicuramente ha convinto Putin che Washington non poteva essere una minaccia se avesse invaso l’Ucraina. È vero, quel ritiro l’aveva deciso Trump, ma non doveva essere fatto in quel modo.

Quindi, Biden definisce macellaio Putin ma brama di sedersi allo stesso tavolo di un altro macellaio, Ebrahim Raisi, il boia di Teheran, non meno pericoloso del primo in quanto a progetti di conquista e di annientamento di interi popoli.

Nel mezzo di questa arteriosclerotica politica americana ci stanno Europa e Israele. Bruxelles sta provando sulla sua pelle cosa vuol dire avere una guerra al proprio interno e un pazzo genocida ai propri confini. Gerusalemme sa che con il ritorno dell’amministrazione democratica a Washington è di nuovo solo a combattere con nemici letali che bramano la sua distruzione. Sa che mentre Biden lo rassicura, si lancia in un abbraccio mortale con chi brama di diventare il boia di Israele.