Dopo il discorso di Trump ai leader arabi la prima parola che mi viene in mente è “contrapposizione”. Contrapposizione tra islam sunnita e sciita, contrapposizione tra la politica americana e quella russa in Medio Oriente, contrapposizione tra le giuste aspirazioni israeliane e le pretese arabe rafforzate da centinaia di miliardi di dollari in shopping di ogni ben di D-o. Ma anche fortissima contrapposizione tra la politica implementata in Medio Oriente da Barack Obama e quella che si delinea essere la linea di Trump.
Su quello che comporterà per Israele il business miliardario concluso da Trump in Arabia Saudita ne parleremo quando avremo le idee più chiare, cioè dopo la visita del Presidente americano in Israele che parte oggi. Inutile negare che abbiamo il forte sospetto che una parte del conto saudita lo pagherà in qualche modo Israele e mai come in questo caso speriamo di sbagliarci. Per adesso l’unica cosa che ci interessa analizzare è il netto cambio di rotta della politica americana in Medio Oriente nei confronti dell’Iran e quindi del suo maggior alleato nella regione, la Russia.
Lasciamo perdere (per ora) anche le palesi contraddizioni che ci sono tra il rifornire di armi l’Arabia Saudita, cioè il paese musulmano più radicale, e sostenere di voler combattere proprio l’islam radicale e per di più proprio con l’aiuto dei sauditi che da sempre lo finanziano e sostengono, che per dirla tutta è come chiedere la collaborazione di Robin per fermare Batman.
Iran nel mirino
A differenza di Obama, il Presidente Trump individua nell’Iran il maggior pericolo per l’area mediorientale, il che non può che trovarci d’accordo visto che è quello che sosteniamo da anni. Forse noi non avremmo riempito di armi i sauditi per affermarlo, ma è certamente un passo avanti nell’individuare una linea che metta d’accordo quasi tutti i paesi in Medio Oriente, almeno nel breve periodo. Quello che però ci appare evidente è che questo repentino cambio della politica americana in Medio Oriente comporta anche un importante presa di posizione contro Putin e la sua pragmatica politica nella regione che in gran parte si basa proprio sull’alleanza strategica con Teheran. Ed è su questo che ci vorremmo concentrare, prima di tutto perché non collima con la storia raccontata dai media americani che vedono alleanze occulte tra Trump e il Cremlino, in secondo luogo perché un conflitto armato tra Israele e Iran (magari per interposta persona con l’uso da parte di Teheran dei vari gruppi terroristici) appare sempre più come inevitabile, specialmente se gli iraniani non lasceranno la Siria, e se questa presa di posizione da parte del Presidente americano non è proprio una luce verde a Israele, ci si avvicina parecchio.
Lo schieramento netto degli USA a fianco degli arabi e contro l’Iran è una presa di posizione molto importante se verrà corroborata dai fatti. E’ importante perché nei fatti pone la politica degli Stati Uniti in contrapposizione con quella del Cremlino, perché stabilisce che gli interessi americani collidono con quelli russi, ma soprattutto è importante perché prepara il campo a uno scontro armato con l’Iran che nei fatti esiste già – almeno tra Riyad e Teheran – ma che ancora non si è manifestato in tutta la sua devastante importanza e per ora non ha coinvolto direttamente Israele. E’ un cambio di passo da non sottovalutare che potrebbe non riguardare solo il Medio Oriente.
Il Washington Post scrive che il discorso di Trump ai leader arabi è stato solo «un contentino farcito di retorica». In realtà a noi sembra un messaggio a Tizio perché Caio comprenda. Trump sa benissimo (o almeno lo speriamo) che attaccare frontalmente l’Iran significa mettersi di traverso tra le ambizioni russe nella regione e la loro realizzazione. E’ una scelta strategica di primaria importanza che cambia tutto il quadro, una scelta che non sappiamo quanto dettata dalle esigenze interne di Trump o quanto figlia di una reale linea politica da portare avanti nel tempo.
Per ora il fatto resta. A dispetto di tutte le teorie, Trump non sembra allineato al Cremlino, tutt’altro, si pone in netta contrapposizione con Putin in uno dei quadranti più importanti al mondo. Per noi è una buona notizia anche se, come detto, ancora non sappiamo chi ne pagherà il conto e speriamo che non debba essere Israele.
Fino ad ora la politica di Netanyahu è sempre stata quella di porre il problema iraniano in cima alla lista delle esigenze israeliane, anche a costo di qualche rinuncia. Ora Trump lo ha fatto. Adesso vedremo qual’è il costo che si chiede a Gerusalemme.