Gli americani dicono chiaramente di temere che Netanyahu possa lanciare un attacco all’Iran, non solo per sventare il suo programma nucleare, ma anche per mettere a tacere le manifestazioni di massa in Israele per la revisione del sistema giudiziario
La protesta israeliana di massa per la revisione del sistema giudiziario operata dal governo negli ultimi mesi ha mascherato un drammatico conflitto tra Israele e l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, sull’Iran e sul conflitto palestinese.
Il presidente dello Stato Maggiore Mark Milley è arrivato domenica per una visita che non era stata programmata in precedenza, e il segretario alla Difesa Lloyd Austin sarà in Israele nel corso della settimana, come parte del suo tour in Medio Oriente.
Un alto funzionario della sicurezza israeliana ha dichiarato che le visite dimostrano che la Casa Bianca e il Pentagono temono che l’attuale governo possa sorprendere gli Stati Uniti con un attacco all’Iran e trascinare gli americani in una guerra in Medio Oriente che non vogliono, mentre la maggior parte delle loro risorse sono dirette all’invasione russa dell’Ucraina e alla ripresa della guerra fredda con la Cina.
Dal punto di vista americano, le preoccupazioni attuali sono simili a quelle dell’allora presidente Barak Obama nel 2010-2012, quando Netanyahu e l’allora ministro della Difesa Ehud Barak progettarono di colpire gli iraniani.
Da Israele, entrambi i funzionari hanno annunciato che si recheranno in altre capitali del Medio Oriente, ma non nascondono l’urgenza dei loro colloqui a Gerusalemme.
Le visite arrivano dopo che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) delle Nazioni Unite ha rivelato che l’Iran ha arricchito l’uranio all’84% nella sua struttura sotterranea di Fordow. L’annuncio ha suscitato grande preoccupazione nei servizi di sicurezza israeliani, dopo che in precedenza si sapeva che 70 kg di uranio iraniano erano stati arricchiti al 60%.
I funzionari occidentali ritengono che entro la fine del 2023 la Repubblica islamica avrà abbastanza materiale per produrre 10 ordigni nucleari, ma dopo le ultime rivelazioni la tempistica percepita si è notevolmente accorciata. La tempistica è una componente critica del piano di sicurezza israeliano e americano che divergono proprio su questo argomento.
Mohammad Eslami, commissario iraniano per l’energia atomica, ha dichiarato che la piccola quantità di uranio di grado quasi militare è il risultato di un noto errore tecnico verificatosi nel processo di arricchimento, ma i funzionari dell’intelligence israeliana rimangono scettici, così come le loro controparti americane.
Israele ritiene che l’arricchimento all’84% sia stato pianificato e finalizzato al raggiungimento di due obiettivi: Il primo è quello di abituare il mondo alla lenta ma persistente avanzata dell’Iran verso la capacità nucleare, evitando passi drammatici che potrebbero evocare un attacco da parte di Israele e dell’Occidente.
Il secondo obiettivo è quello di avvertire gli Stati Uniti e gli europei che il passo verso la bomba potrebbe essere accelerato se le sanzioni imposte dall’allora presidente Donald Trump non verranno rimosse o se non ne verranno imposte di nuove dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per l’assistenza militare alla Russia per la sua guerra in Ucraina.
L’avvertimento mira a sfruttare la politica dell’amministrazione Biden di evitare a tutti i costi un conflitto militare in Medio Oriente.
In una recente intervista alla CNN, il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian non ha nascosto il suo interesse a rinnovare i colloqui per un accordo sul nucleare e ha affermato di aver ricevuto indicazioni, attraverso i canali diplomatici, che Washington è altrettanto propensa.
Teheran è ben consapevole che il raggiungimento di livelli di arricchimento dell’uranio pari al 90% costringerebbe Biden a rispondere se vuole mantenere l’impegno di non possedere un dispositivo nucleare.
I funzionari dei servizi segreti israeliani e americani temono che non si sappia abbastanza sulle azioni dell’Iran e sui risultati del suo programma nucleare.
Sempre più esperti mettono in guardia dall’ottimismo, secondo cui all’Iran basterebbero dai 18 mesi ai due anni prima di avere un dispositivo nucleare fattibile. Se queste stime si rivelassero errate, Israele e gli Stati Uniti sarebbero costretti ad accettare un Iran nucleare come realtà.
A preoccupare Washington e Gerusalemme è la cooperazione militare tra Iran e Russia e il possibile dispiegamento di missili russi di difesa aerea S-400 in Iran, nonché lo sviluppo e la produzione congiunta di droni d’attacco precisi e di possibili missili balistici e ipersonici in grado di superare le difese di Israele.
Gli americani dicono chiaramente agli israeliani che temono che Netanyahu lanci un attacco all’Iran, non solo per sventare il programma nucleare, ma anche per mettere a tacere le manifestazioni di massa in Israele per la revisione del sistema giudiziario.
Pertanto, chiedono a Israele di astenersi dall’intraprendere qualsiasi azione contro l’Iran senza un preventivo coordinamento con Washington. (Articolo in inglese)