Hamas vive, ed è più forte di prima grazie a Trump 

By Franco Londei - Editor

Non so in tutta onestà se sia il momento giusto per fare un’analisi su Hamas e su quello che ha ottenuto dall’attacco del 7 ottobre 2023. Da un lato c’è la gioia per il ritorno dei sequestrati sopravvissuti, delle salme dei defunti e per la fine della guerra. Dall’altro c’è la presa di coscienza che da questa guerra Israele non ne esce certamente vincitore, almeno sul fronte Hamas (e credo nemmeno sugli altri).  

Credo, questo si, che analizzare freddamente cosa comporta per Israele e per Hamas questo cessate il fuoco imposto da Trump sia più che utile in questo momento. 

Partiamo dai vantaggi per Israele:  

  • Recupera tutti gli ostaggi, compresi quelli che non ce l’hanno fatta 
  • Mette fine a un conflitto che lo ha isolato a livello globale 
  • Mantiene il controllo del 53% della Striscia di Gaza (almeno per ora) 

I vantaggi per Hamas 

  • Mette fine al conflitto 
  • Ha riportato in primo piano la questione palestinese 
  • Ha ottenuto riconoscimento internazionale 
  • Ha isolato Israele a livello globale 
  • Mantiene la presa sulla Striscia di Gaza, ricevendo per di più assistenza internazionale che lo aiuterà a consolidare tale presa 
  • Ha ottenuto la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi tra i quali decine di ergastolani 

Chi riesce a vedere in tutto questo una vittoria di Israele è davvero campione di ottimismo.  

Come scrive questa mattina Avi Issacharoff su Yedioth Ahronoth: “Hamas non è disposto a disarmarsi né ora né nel prossimo futuro, non finché non sarà istituito uno Stato palestinese. Hamas non sarà distrutta né sradicata, e la vittoria totale promessa da Netanyahu rimane uno slogan vuoto. L’organizzazione rifiuta anche di accettare la presenza di un organo di governo esterno che non sia palestinese”.  

E poi c’è la questione delle questioni: cosa farà Israele se (quando) Hamas cercherà di ricostituire il suo arsenale di armamenti? Hamas ha ricevuto garanzie solide, sia dai paesi arabi che da Donald Trump, sul fatto che Israele non attaccherà nuovamente la Striscia di Gaza. Ma Gerusalemme non può permettere che il gruppo terrorista ricostruisca la sua forza militare. Queste sono tutte questioni da chiarire. 

Ora, non vorrei passare per un guerrafondaio da salotto, sto solo cercando di ragionare su cosa comporti questo cessate il fuoco imposto da Donald Trump a Israele e ad Hamas e, allo stesso tempo, valutare le conseguenze per Israele. 

Quello che a me sembra evidente è che l’obiettivo primario di Israele, cioè cancellare Hamas dalla faccia della terra, sia sostanzialmente fallito. Anzi, se da un lato l’IDF ha quasi azzerato le Brigate Ezzedin al-Qassam, dall’altro Hamas ha sostituito le perdite con ragazzini di 12/14 anni che ora avranno il tempo di formarsi e di far crescere dentro di se l’odio per Israele.  

Nel 2024 l’intelligence israeliana avvertiva che Hamas sarebbe comunque sopravvissuto come entità terroristica. Ma dopo il cessate il fuoco imposto da Trump, quella previsione appare persino riduttiva rispetto alla realtà.  

Hamas non solo vive, ma in questo momento – pur senza gli arsenali – è più forte di prima perché agli occhi degli arabi appare vincitore e, soprattutto, non è più isolato, non è più un fenomeno locale.  

Netanyahu poteva fare diversamente? Se Trump non lo avesse costretto al cessate il fuoco, probabilmente sarebbe andato fino in fondo a Gaza city. Avrebbe perso i 20 ostaggi vivi? Non lo possiamo sapere, ma sicuramente avrebbe stroncato Hamas e le cose sarebbero completamente diverse. E qualcuno si lamentava di Joe Biden.  

Share This Article
Follow:
Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter