Prima della fine dell’anno c’è stato in incontro in Brasile tra il neo presidente ed ex comandante dei paracadutisti Jair Bolsonaro e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo ha ricevuto la più alta onorificenza brasiliana e su twitter entrambi hanno ribadito il rafforzamento delle relazioni tra i due paesi in quella che si annuncia una nuova era della storia del Brasile.

Inoltre Bolsonaro ha aggiunto, sempre sui social, l’importanza di Israele in campo tecnologico che può essere di aiuto per il Brasile.

Esistono già collaborazioni tra il Sud America e Israele dalla fine degli anni settanta, basti pensare che la EMBRAER, il più grande polo aerospaziale brasiliano e sudamericano, collabora con le varie ditte israeliane come IAI, Elta ecc.

Durante il meeting di fine anno, a pochi giorni dal giuramento a Brasilia dell’1 gennaio, il neo presidente ha ribadito la volontà di spostare l’ambasciata a Gerusalemme, riconoscendola ufficialmente come capitale dello Stato ebraico e la chiusura di quella palestinese voluta dal duo Lula-Rousseff che hanno governato dall’inizio di questo secolo.

Infatti il Brasile, essendo la più grande economia dell’America Latina, fa da traino ad altri paesi, una specie di locomotiva sudamericana.

E’ stato così con l’ascesa del socialismo in questi ultimi due decenni, grazie al Partito dei Lavoratori brasiliano (PT) che nasce da un lavoro costante le cui basi sono state poste nel 1990 con il Foro di San Paolo, dove i partiti comunisti del Sud America ebbero la necessità di riorganizzarsi dopo la caduta del muro di Berlino.

L’obbiettivo venne centrato nel 2002 con l’elezione di Lula, proseguito poi con la sua delfina Dilma Rousseff, ex operaio il primo ed ex guerrigliera la seconda.

La loro politica era ovvia: appoggio ai guerriglieri sudamericani, ai narcos, alla malavita organizzata, simpatie alla causa palestinese con tanto di apertura di ambasciata (di una nazione che in effetti non esiste), possesso dei vertici aziendali di colossi petroliferi come la Petrobras e odio verso l”imperialismo” occidentale filo-americano.

L’effetto domino c’è stato in Uruguay (che ha sempre avuto governi conservatori nella sua storia), in Cile (con l’elezione di Michelle Bechelet ora a capo del Consiglio ONU per i diritti umani), Bolivia, l’Argentina della Kirchner e il Venezuela di Hugo Cavez prima e Maduro poi (molto più aggressivo ed espansivo nella società rispetto agli altri).

La deriva socialista in Brasile, Uruguay e Cile non hanno causato danni come nel Venezuela grazie al fatto che le forze armate sono riuscite a rimanere indipendenti, tenendo contatti e collaborazioni con gli USA, una specie di opposizione politica.

Jair Bolsonaro è proprio un uomo delle forze armate sceso in politica. Certo non avrà la bacchetta magica per risolvere gli enormi problemi sociali e economici che colpiscono varie zone del Paese, ma come ha scritto sui social può esserci una “nuova era per la storia del nostro paese” e di collaborazione con i nuovi governi che da qualche anno hanno anche Argentina, Cile, Uruguay.