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Inchiesta: come i fondi europei alle ONG finiscono ai gruppi terroristici

17 Settembre 2012 by redazione

Una premessa: ci sono ONG ottime che fanno seriamente il loro indispensabile lavoro e ci sono ONG che fanno da copertura ad attività non propriamente “umanitarie”. La maggioranza della Organizzazioni Non Governative sono da annoverarsi senza dubbio nella prima categoria, quindi sarebbe cosa gradita se non si volesse generalizzare questa piccola inchiesta che, comunque, riguarda solo pochissime ONG.

Ciò premesso, questa mini inchiesta nasce da una accurata indagine della British Charity Commission, l’ente britannico incaricato di controllare la destinazione finale del denaro ricevuto dalle ONG inglesi, una ente che per esempio manca colpevolmente in Italia. Ebbene, la British Charity Commission ha scoperto che i fondi destinati ad alcune ONG con sede in Gran Bretagna finivano per finanziare le attività di alcuni gruppi islamici legati ad Al Qaeda e in particolare al gruppo islamico nigeriano di Boko Haram. In particolare quei fondi andavano a rimpinguare le casse di un ente apparentemente benefico chiamato Al-Muntada Trust Fund che poi si è scoperto essere una copertura usata dal gruppo Boko Haram per raccogliere fondi.

Il caso nigeriano non è però isolato. Clamoroso il caso della IHH, la nota Ong turca al centro di diverse inchieste perché sospettata di finanziare gruppi terroristici, da Al Qaeda agli al-Sahabaab somali, da Hamas alla Jihad Islamica per finire al Allied Democratic Forces, gruppo islamico-estremista ugandese. Anche in questo caso dietro alla “charity” e a progetti che sicuramente sono anche di sostegno si nascondono altri interessi slegati completamente dall’assistenza.

E poi ci sono le decine e decine di Ong che operano nella Striscia di Gaza le quali magari sono pure in buona fede e implementano progetti degni di nota ma che per lavorare devono per forza passare sotto la mannaia di Hamas finendo quindi per finanziare, anche se indirettamente, il gruppo terrorista.

Tutte queste Ong, anche quella turca, hanno un comun denominatore: prendono soldi dall’Unione Europea e sono un mare di soldi che l’Europa eroga fondamentalmente in due modi. Il primo è dedicato a progetti di emergenza e ad erogarli è ECHO che comunque attua su quei fondi un controllo abbastanza ferreo. L’altro metodo è quello dell’erogazione da parte dei vari enti interessati a specifici progetti (ambiente, sanità, alimentazione ecc. ecc.) i quali non praticano a dire il vero alcun controllo che non sia quello derivante dai periodici rapporti inviati dalle ONG. Per esempio, l’Europa ha finanziato da anni tre desalinatori per la Striscia di Gaza dei quali però non vi è traccia. Stesso discorso per diversi progetti di assistenza medica e potabilizzazione delle acque. Dove sono quei soldi?

L’esempio di Gaza è facilmente trasferibile ad altre realtà in Mali, in Niger, in Sudan, in Afghanistan e in atri contesti dominati da vari gruppi ribelli e/o terroristici (non necessariamente islamici). Da una breve verifica, che ci impegniamo ad approfondire, sarebbero decine e decine i progetti “umanitari” finanziati dall’Unione Europea su cui non vi è alcun controllo diretto e sui quali vi è il forte sospetto che finiscano proprio per finanziare i gruppi ribelli e/o terroristici.

Quello che ci vorrebbe in Europa è un sistema di controllo ferreo e capillare sui fondi erogati per i progetti umanitari del tipo di quello attuato da ECHO per i fondi dedicati alle emergenze. Insomma, un ente di controllo molto simile alla britannica British Charity Commission. Solo così si potranno implementare progetti di sviluppo e di assistenza senza correre il rischio che i fondi dei cittadini europei finiscano per finanziare gruppi terroristici.

Archiviato in:Società e cronaca Contrassegnato con: echo, finanziamenti alle ong, finanziamento terrorismo, fondi unione europea ong, gaza, ong, terrorismo, unione europea

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