Alcuni giornalisti della AFP hanno potuto nei giorni scorsi accompagnare i funzionari turchi nei controlli all’interno degli aeroporti della Turchia mirati a individuare, fermare ed eventualmente respingere le persone sospettate di volersi unire allo Stato Islamico che usano la Turchia come punto di passaggio. Il Governo turco ha preso questa insolita decisione a seguito delle molte polemiche internazionali sui pochi (o inesistenti) controlli sulle persone in transito verso lo Stato Islamico.
Ebbene, il quadro che ne esce è tutt’altro che rassicurante nonostante le dichiarazioni turche che oltre ad affermare di aver respinto centinaia di persone, un dato palesemente falso, mostrano su quali principi si basano i controlli turchi, regole davvero assurde per una situazione così grave.
Prima di tutto i controlli sulle donne sono quasi totalmente inesistenti. L’esempio più eclatante è quello che riguarda le donne coperte integralmente dal velo che si presentano tranquillamente al check in o alla dogana senza che nessuno chieda loro di mostrare il volto per procedere al riconoscimento. Presentano il passaporto e il funzionario appone il timbro senza nessun controllo, nemmeno un controllo incrociato sui computer per vedere se il loro nome figura nella lista nera.
E i controlli sugli uomini non sono certo più accurati. I “sospetti” vengono individuati in maniera molto sommaria. Per esempio se hanno la tipica barba salafita vengono controllati ma si è appreso che molti europei che vogliono raggiungere lo Stato Islamico si tagliano la barba prima di recarsi in Turchia. Raramente vengono controllati i loro bagagli e ancora meno raramente i loro nomi vengono inseriti nel database per vedere se sono sulla “lista nera”.
Un funzionari turco si è vantato con i giornalisti della AFP che le autorità turche hanno individuato e respinto oltre 1.500 uomini, un dato questo che non risulta da nessuna parte in Europa, eppure dovrebbe visto che il respingimento prevede il rientro al punto di partenza e quantomeno le compagnie aeree ne dovrebbero avere traccia. Lo stesso funzionario sostiene che le autorità doganali turche hanno arrestato una decine di persone fortemente sospettate di voler andare a combattere per il Daish (acronimo arabo per indicare lo Stato Islamico) portando l’esempio di SL (il funzionario ha fornito solo le iniziali) un 33enne europeo fermato all’aeroporto internazionale di Istanbul perché all’interno del suo bagaglio aveva non ben precisate “attrezzature militari” tra le quali un binocolo e un kit sanitario di emergenza (attrezzature militari?). Dopo l’interrogatorio SL ha ammesso di essersi convertito all’islam e di voler andare a combattere con lo Stato Islamico. Quello che il funzionari turco ha voluto evidenziare non era tanto il fermo del sospetto quanto piuttosto i mancati controlli alla partenza (SL arrivava da Parigi) che hanno permesso al sospetto di imbarcarsi con il “materiale militare”. «Come possono chiedere a noi di controllare se loro non lo fanno alla partenza?» ha detto il funzionario al giornalista della AFP.
Quello che appare evidente come un macigno è che nonostante le rassicurazioni dopo le polemiche sollevate dagli europei, la Turchia non sta facendo quasi nulla per fermare il flusso dei combattenti jihadisti europei verso lo Stato Islamico. I database forniti dalle agenzie di intelligence europee non vengono consultati e i controlli sono minimali. Ogni tanto qualcuno viene fermato per mostrare che i controlli vengono effettuati ma molto raramente si ha traccia del loro respingimento. Vengono semplicemente inghiottiti nel nulla delle strade che portano verso lo Stato Islamico.
La Turchia sta prendendo in giro mezzo mondo e dimostra sempre di più di essere pienamente connivente con lo Stato Islamico, non solo favorendo l’afflusso di combattenti e il loro pericolosissimo rientro in Europa (sul quale non vi è traccia di controlli) ma favorendo anche tutta quella serie di affari che tengono in vita lo Stato Islamico.
Solo pochi giorni fa i Ministri dell’Interno europei avevano garantito una “forte collaborazione” con la Turchia sul transito di terroristi da e per l’Europa. E’ questo quello che intendono per “forte collaborazione”?
Scritto da Maurizia De Groot Vos