In questi giorni in cui si è assistito alla spartizione de facto della Siria tra Russia, Turchia e Iran, una spartizione che ridisegna gli equilibri geopolitici in Medio Oriente, la cosa più evidente è stata la totale assenza americana dai tavoli in cui si decideva il futuro della regione.

Gli analisti “esperti”, specie quelli a cui Trump piace un sacco, si sono sperticati in ardite analisi per riuscire a vedere il bicchiere mezzo pieno, quel qualcosa che in qualche modo riuscisse a rendere meno evidente la totale debacle politica americana in Medio Oriente. Analisi ardite perché è davvero difficile riuscire a essere ottimisti dopo quella che qualche giorno fa il giornalista de la Stampa, Giuseppe Agliastro, ha definito «la Yalta del Medio Oriente».

Cerchiamo quindi di essere realisti e di lasciare le ardite analisi agli analisti “esperti” e di guardare al tutto con gli occhi scafati del contadino della Galilea.

I dati di fatto ci dicono poche ma essenziali cose. La prima è che l’Iran è in Siria in pianta stabile e che non ha nessuna intenzione di andarsene. Anzi, i piani sono quelli di costruire un aeroporto e una base navale oltre a potenziare le basi militari che praticamente sono già presenti o in costruzione, piani che mettono addirittura in secondo piano il pericolo rappresentato dalla presenza iraniana a pochi Km dal confine con Israele. La seconda cosa che ci dicono i fatti reali è che l’unico accordo tra Russia e Israele a tutela dello Stato Ebraico è quello che resiste ormai da diverso tempo, cioè quello relativo al coordinamento per le eventuali azioni aeree israeliane contro i convogli di armi diretti a Hezbollah, un accordo che oltre tutto con la fine della guerra a Daesh potrebbe venire meno. Non ci sono altri accordi sottobanco con Putin, tanto meno con Assad. Il terzo e forse più importante dato di fatto è che Putin non è un alleato di Israele ma, al contrario, è alleato dell’Iran. Pensare a un Putin che in qualche modo faccia gli interessi israeliani, magari per conto di Netanyhau, è davvero una utopia che sfiora la fantapolitica. Fino ad oggi, grazie a quell’accordo, i russi sono stati relativamente zitti sui raid aerei israeliani in Siria, un po’ anche per convenienza loro. Ed è proprio la “convenienza” russa che potrebbe spingere Putin a cercare di evitare una escalation tra Iran e Israele in Siria. In fondo quello che voleva l’ha ottenuto. Ma se qualcuno si dovesse aspettare che Putin per evitare la suddetta escalation faccia un qualche favore “tranquillizzante” a Israele o che accetti passivamente altri raid aerei israeliani in Siria, si sbaglia di grosso. Come detto sopra, Putin non è un alleato di Gerusalemme, lo è di Teheran.

E gli americani? Dove sono gli americani in tutto questo? Beh, gli americani non ci sono, non sono pervenuti. Trump afferma di pensare a “un grande e risolutivo” piano di pace tra israeliani e palestinesi, un piano del quale non importa nulla a nessuno, nemmeno agli arabi i quali ormai hanno capito che per fermare il pericolo iraniano hanno bisogno di Israele e che i cosiddetti palestinesi sono solo un ostacolo. Ma Trump no, lui pensa al piano di pace israelo-palestinese mentre tutto intorno il Medio Oriente cambia, e non certo in meglio.

Qualcuno ha confuso l’accordo di coordinamento tra Putin e Netanyahu con un avvicinamento israeliano alla Russia a causa della assenza americana. In realtà siamo al più schietto pragmatismo russo-israeliano dettato dalla necessità del momento, ma come abbiamo detto quell’accordo è ormai al capolinea e adesso che servirebbe veramente il peso politico e militare americano, Trump non si fa sentire nemmeno via Twitter.

Questa, detto terra a terra, è la situazione a nord di Israele, tutto il resto è pura fantasia. E’ vero, la politica in Medio Oriente è sempre in movimento, quasi mai comprensibile nell’immediato, ma anche per le analisi più azzardate serve partire dai dati di fatto e questi ci dicono tre cose: 1) Putin è alleato dell’Iran, non di Israele 2) Trump se ne infischia altamente di quello che avviene in Medio Oriente 3) l’Iran è in Siria per rimanerci e non sloggerà tanto facilmente dai confini con Israele e anche se dovesse indietreggiare di qualche Km il pericolo vero rimangono le basi che intende costruire in Siria. Da qui si dovrà partire per cercare di interpretare quello che verrà.