Una premessa: l’attacco contro i vertici di Hamas in Qatar non solo era legittimo, era doveroso nel momento in cui dopo il massacro del 7 ottobre era stato promesso di colpire i responsabili del pogrom ovunque essi si trovassero.
E in merito al Qatar, ha poco da fare la morale sulla presunta violazione del Diritto Internazionale da parte di Israele dal momento che Doha non solo ha dato riparo ai leader di Hamas per anni, ma insieme all’Iran ha finanziato ogni operazione del gruppo terrorista, dalla costruzione dei tunnel fino al massacro del 7 ottobre.
E per quanto riguarda la qualifica di “mediatore” attribuito sia al Qatar che ad alcuni leader di Hamas rifugiati negli hotel a sette stelle dell’emirato del Golfo, fino ad ora questi “mediatori” hanno solo fatto perdere tempo. Solo Donald Trump e Steve Witkoff hanno fatto perdere più tempo dei mediatori in Qatar.
Tutto ciò premesso, il fatto che il Mossad non abbia partecipato alla “missione in Qatar” la dice lunga sul profondo dissenso che ormai da mesi serpeggia tra la migliore agenzia di spionaggio al mondo e il Premier israeliano.
Quando sono emersi i primi dettagli sulla operazione in Qatar ed è stato detto che era avvenuta con la collaborazione dello Shin Bet, ho pensato a un errore delle agenzie di stampa. Cosa c’entra lo Shin Bet con le operazioni all’estero che sono di competenza del Mossad? E invece le informazioni erano esatte.
Nelle ultime ore sono emerse informazioni attendibili secondo le quali il Mossad era contrario all’operazione in Qatar in quanto l’attacco e l’uccisione dei leader di Hamas avrebbe compromesso le trattative per la liberazione degli ostaggi, arrivate ad un punto molto avanzato, e avrebbe potuto trascinare gli altri Paesi del Golfo, fino ad ora relativamente indifferenti alle sorti dei palestinesi, a porsi in una posizione critica verso Israele.
Secondo un anonimo alto funzionario israeliano che ha parlato con Channel 12, “la posizione era chiara: c’è un accordo sul tavolo per il ritorno degli ostaggi, e i negoziati devono essere conclusi. Tutti erano consapevoli delle conseguenze per gli ostaggi e che un’operazione come questa, in questo momento, avrebbe compromesso questa possibilità”.
Secondo le fonti il piano di attacco al Qatar era osteggiato dal capo di stato maggiore delle IDF Eyal Zamir, dal capo del Mossad David Barnea e dal consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Israel Katz, il capo facente funzioni dello Shin Bet noto come “Mem” e il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer erano invece favorevoli all’attacco.
Nitzan Alon, a capo delle trattative per la liberazione degli ostaggi, non sarebbe stato invitato alla discussione sull’operazione, poiché i favorevoli all’attacco presumevano che si sarebbe opposto a qualsiasi azione che potesse mettere in pericolo gli ostaggi.
Fonti del Washington Post riferiscono che Il Mossad ha addirittura rifiutato di portare a termine un’operazione di terra da loro stessi pianificata nelle ultime settimane per assassinare i leader di Hamas, costringendo all’adozione di un attacco aereo.
Secondo le fonti, il capo del Mossad Barnea si è opposto all’uccisione dei leader in Qatar a causa dei rapporti dell’agenzia di spionaggio con Doha e del suo ruolo di mediatore nei colloqui con Hamas.
E poi nel Mossad c’è chi mette in dubbio la tempistica di Netanyahu. “Possiamo prenderli tra uno, due o quattro anni, e il Mossad sa come farlo”, ha detto una fonte dell’agenzia riferendosi alla possibilità di assassinare segretamente i leader di Hamas in qualsiasi parte del mondo. “Perché farlo ora?”.
Qualcuno in occidente sostiene che questa volta Netanyahu l’abbia fatta “fuori dal vaso”. Personalmente penso che, andando oltre le proteste formali, agli arabi del Golfo non importi nulla né dei vertici di Hamas né del fatto che Israele ha colpito direttamente il Qatar. Faranno tanta scena ma poi non cambierà nulla. Quello che invece dovrebbe preoccupare è il rapporto molto compromesso tra Netanyahu e il Mossad.
È stato il Mossad a uccidere il leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran l’anno scorso. Sempre l’agenzia è stata pesantemente coinvolta nell’attacco a sorpresa di Israele contro l’Iran all’inizio di quest’anno e ha guidato l’operazione dei cercapersone esplosi ferendo o uccidendo migliaia di agenti di Hezbollah. Il fatto che questa volta si sia tirata indietro nonostante ci fosse un piano per colpire i leader di Hamas da terra, cioè senza l’uso di aerei, segnala una distanza quasi incolmabile tra il Mossad e Netanyahu.
Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che l’operazione “troppo affrettata” potrebbe non essere andata come ci si aspettava. Non è chiaro infatti se i leader di Hamas sia rimasti feriti, uccisi o siano rimasti incolumi. Il fatto che non siano apparsi in pubblico lascia supporre che qualcosa sia accaduto, ma una operazione di terra studiata dal Mossad avrebbe dato risultati certi senza scombussolare più di tanto gli equilibri con i paesi del Golfo. Secondo il Mossad nessuno dei leader è rimasto ucciso.
Su questo sono emersi diversi scenari tra i quali uno che, se confermato, traccerebbe davvero un solco enorme tra Mossad e leadership israeliana, uno scenario che vorrebbe i leader di Hamas avvisati un attimo prima dell’arrivo del missile. Anche se in molti puntano il dito su Washington, i tempi non corrisponderebbero in quanto Gerusalemme avrebbe avvisato gli americani proprio un minuto prima dell’azione. Resta quindi il Mossad.
C’è poi un altro fronte di attrito tra Mossad e Netanyahu. L’agenzia vorrebbe infatti più attenzione sul fronte nord (Hezbollah) e sull’Iran piuttosto che su Gaza e sulla Cisgiordania. Il Libano è sull’orlo di una guerra civile e se ciò avvenisse non è detta che a prevalere sia l’esercito libanese. I segnali che arrivano sulle tante antenne sul campo del Mossad sono molto allarmanti. Hezbollah dispone ancora di un arsenale di tutto rispetto e sta facendo di tutto per riprendere il controllo del Libano. Ma Netanyahu guarda solo ad accontentare la sua estrema destra.

