Medio Oriente: l’uso distorto della parola pace. Quando la Chiesa sta con i terroristi

3 Aprile 2018

Michel Sabbah ex patriarca latino di Gerusalemme dal 1988 al 2008 non è mai stata una persona di equilibrio. I suoi interventi nella politica israelo-palestinese sono sempre stati intenti a condannare solo ed esclusivamente una parte, a tacere sui crimini dell’altra e a costruire una narrativa imperialista e coloniale sulla nascita dello stato ebraico per il quale un’eventuale sua sparizione al vescovo non sarebbe dispiaciuta. Come altrimenti poter leggere i suoi scritti nei quali senza troppe remore intimidiva gli ebrei con la seguente previsione: «Alla fine li manderemo via come una volta mandammo via i crociati», un’esclamazione più adatta ad un al Baghdadi che a una figura cattolica spesso erroneamente confusa con l’imparzialità o il compromesso.

Ma Sabbah è prima di tutto un arabo che odia Israele, in quanto stato ebraico e causa di tutte le disgrazie dei popoli arabi che vivevano in pace, unità e armonia prima che il mostro sionista facesse la sua comparsa. Come la maggior parte degli arabi cristiani oltre ad essere anti-israeliano Sabbah è anche legato alle dittature criminali del Medio Oriente tanto da tacere o quasi sul vero genocidio che si sta compiendo a poca distanza dalla sua adorata “terra santa” ovvero in Siria.

Dicevo quasi perché in realtà qualche volta accenna alla Siria come “vittima sacrificale delle politiche irrazionali dell’occidente”. Che sia vittima dei bombardamenti del suo adorato macellaio Assad che ha sterminato dall’inizio del conflitto centinaia di migliaia di siriani e come danno collaterale più di un migliaio di palestinesi il patriarca non lo considera.

Ma non è solo un difetto di Sabbah in realtà la convivenza con il regime di Damasco riguarda quasi tutte le chiese cristiane in Siria e in Libano i cui esponenti fanno a gara come dei piccoli Goebbels nel benedire i bombardamenti russi, nell’aggredire la carta stampata che osa criticare il dittatore siriano, nel dipingere il governo siriano come un paradiso di convivenza e pace e nel rappresentare l’intera parte della popolazione siriana che non crede nell’unico e vero Dio ovvero il dittatore Assad come un branco di jihadisti che minacciano l’esistenza di cristianità al servizio naturalmente del sionismo. Preciso «jihadisti cattivi» ovvero quelli pagati dall’Arabia Saudita, perché per qualche mistero ci sono e in numero ben maggiore anche «jihadisti buoni» quelli legati all’Iran sui quali non viene detto nulla.

Ma tornando alla “Palestina”, l’ultimo comunicato del patriarca emerito ha proprio il senso del delirio totale a partire dal titolo: “Noi abbiamo scelto la pace”.

Nel breve intervento Sabbah afferma che «Gaza si è mossa pacificamente», inoltre rafforza questa allucinazione dicendo che «le manifestazioni pacifiche sono le migliori trattative» e aggiunge «nella marcia pacifica la gente offriva la pace», mentre «Israele ha risposto con le armi della morte».

Al patriarca Sabbah bisogna fare qualche considerazione: signor Patriarca il movimento Hamas è riconosciuto come un’organizzazione terroristica da Israele, Stati uniti e Unione europea, ha un’ideologia fondata sull’integralismo islamico e sull’imposizione della sharia su tutta la Palestina, nonché sulla cancellazione di Israele dalle carte geografiche.

Visto che Hamas ha indetto la marcia del ritorno, Lei nell’appellare la popolazione di Gaza identifica essa con il terrorismo di Hamas? Anzi visto che pure Lei ci si mette usando il “noi” possiamo interpretare come una Sua appartenenza magari spirituale al movimento di Hamas?

Dato che nella marcia erano presenti miliziani delle brigate El Zeddin Al Qassam armati di pace ma anche di asce, coltelli, pietre e kalashnikov, sarebbe d’accordo se qualcuno venisse da Lei in “pace” e sempre in “pace” la crivellasse di colpi o gli spaccasse la testa con un’ascia o con una pietra? Perché, mi scusi, un conto è dire che la reazione dell’esercito non è proporzionata, ma parlare di “pace” in questo contesto non è un po’ eccessivo?

E infine dato che l’obbiettivo della marcia era il forzare e sfondare il confine, sempre in pace ci mancherebbe, che trattative vuole intavolare? Perché quello è un confine riconosciuto dalla comunità internazionale, quello del’67, come in tanti amano chiamare, la violazione o il tentativo di rimuoverlo in genere nel mondo porta a una guerra non a una pace ma a parte questi dettagli… Lei come Hamas non lo riconosce? Quale sarebbe il nuovo confine che Israele dovrebbe prendere in considerazione quello di sparire dalle cartine geografiche?

In conclusione il Patriarca è pratico dell’uso distorto della parola pace al servizio delle peggiori violenze.

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