Antisemita, razzista, ignorante e falso in rete è meglio

28 Aprile 2014

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A poco più di un anno dalla nascita di Rights Reporter non ci possiamo lamentare. Abbiamo un discreto afflusso di utenti fissi, un buonissimo afflusso di utenti di passaggio, un discreto posizionamento sui motori di ricerca, una buona presenza sui social network (anche se attraverso diversi gruppi) e un aumento costante delle visite giornaliere.

Ma cosa sarebbe successo se Rights Reporter fosse stato un sito antisemita, populista, che magari prende foto della Siria e le spaccia per foto di Gaza, che attacca quotidianamente le democrazie a favore del nazismo islamico? Ve lo diciamo noi. Probabilmente a quest’ora avremmo un seguito decisamente maggiore, migliaia di iscritti alla pagina Facebook, migliaia di follower su Twitter, saremmo idolatrati dalle masse, presi ad esempio e le nostre “cavolate” prese letteralmente in parole come se fosse l’ANSA a dirle.

Sarebbe stato sin troppo facile perché in rete l’antisemitismo, l’odio verso le democrazie e l’amore per il nuovo nazismo paga, il populismo rende e le storie fantascientifiche diventano virali (questo vale per tutti i settori, da quello sugli immigrati a quello dell’odio verso Israele e le democrazie).

Noi invece abbiamo scelto la via più difficile, quella cioè di fare informazione, di spiegare ai lettori le notizie e non solo di raccontarle. Abbiamo scelto la via dei collaboratori volontari e non professionisti. Abbiamo scelto da difficilissima strada della verità e non della ben più appagante (e pagante) strada della menzogna che in una autostrada come la rete trova la strada spianata.

Che poi lo abbiamo detto sin dall’inizio, a noi non interessa avere un milione di ingressi, ci interesse avere un pubblico esigente e competente.

Ho voluto fare questa lunga premessa per dire alcune cose, specie dopo il durissimo attacco subito sabato scorso quando, con un azione chiaramente combinata, migliaia di delinquenti hanno cercato di entrare nella zona amministrativa del nostro sito web con una azione che tecnicamente si chiama “brute force” e che ha provocato decine di migliaia di richieste al nostro server rallentandolo e arrivando a volte a renderlo irraggiungibile. Non è la prima volta che veniamo attaccati e probabilmente non sarà l’ultima. Questa volta ci siamo difesi bene, altre volte siamo dovuti capitolare. Ebbene, in tutto questo ci abbiamo visto il lato positivo. Se un gruppo di delinquenti provenienti da ogni parte del mondo (gli IP venivano veramente da ogni luogo del pianeta, compresa l’Italia) si prende tanto disturbo per buttare giù il nostro piccolo sito web significa che stiamo facendo un buon lavoro e che non potendoci zittire con le parole cercano di farlo con la violenza. Significa che siamo sulla buona strada per il raggiungimento di quegli obbiettivi che ci eravamo posti quando abbiamo deciso di creare Rights Reporter.

Naturalmente anche noi sbagliamo, anche noi prendiamo degli abbagli in questo oceano di notizie, ma non lo facciamo mai in malafede o in maniera premeditata.

Sarebbe stato molto più facile essere antisemiti e nemici della democrazia, inventarsi gli scoop e fare i populisti. Sarebbe stato molto più facile registrasi come “testata giornalistica” e accedere ai fondi statali ed europei per l’editoria. Noi abbiamo scelta la strada più difficile, quella della verità, della difesa della democrazia e della indipendenza da qualsiasi ente, governo o istituzione. Non ce ne pentiamo perché i dati ci confortano e ci danno ragione. Certo, così facendo ci facciamo un sacco di nemici, ma se così non fosse vorrebbe dire che non facciamo bene il nostro lavoro.

Scritto da Bianca B.

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