Con l’entrata in campo della Turchia che per la prima volta dall’inizio del conflitto siriano ha schierato i propri carri armati sul campo, i giochi si complicano in Siria.

Alle parole del portavoce di Erdogan secondo cui l’obbiettivo di Ankara è di ripulire la zona al confine “sia della presenza dello stato islamico e che del YPG”, ha risposto Joe Biden scaricando l’SDF la coalizione comandata dalle milizie YPG.

Il vicepresidente americano mercoledì ha affermato che gli Stati Uniti non appoggeranno la presenza dell’SDF nelle zone a ovest dell’Eufrate; un indiretto invito a ritirare le proprie posizioni da territori che verranno presumibilmente ripresi dalla ribellione anti-Assad.

Dalle parole si passa ai fatti sempre nella stessa giornata a un iniziale attacco della coalizione SFD a sud di Jalabrus si è passati a un contrattacco delle forze ribelli con la perdita da parte del SFD del villaggio Amarinah senza alcun soccorso da parte americana.

La partecipazione delle forze ribelli nella zona appoggiate dalla Turchia vede la presenza di varie sigle per la maggior parte islamiste della galassia del FSA tra cui: la brigata turcomanna, la legione Al Sham (coalizione legata alla Fratellanza), la milizia Nour al-Din al-Zenki (tristemente famosa per aver diffuso un video sulla decapitazione di un soldato siriano), la formazione Liwa al-Mutasim e il gruppo Jaish al-Tahrir. Non sembra per ora registrarsi la presenza del gruppo Jabhat Fateh al-Sham ex Al Nusra.

Il cambio di posizione americana non va per ora visto come un abbandono totale del PYD il partito-curdo siriano affiliato al PKK di cui YPG è il braccio armato.

Piuttosto gli Stati Uniti sembrano voler sostenere le forze del PYD esclusivamente in funzione anti-stato islamico nell’avanzata a sud verso la capitale Raqqa; ma al tempo stesso mettono il proprio veto alla volontà curda di conquistare il terreno a ovest dell’Eufrate riunendo i cantoni di Afrin e Kobane.

Svanisce per ora il sogno del PYD di creare un kurdistan contiguo lungo tutto il confine turco ai danni dello stato islamico ma soprattutto dei ribelli antiassad presenti nella zona di Azaz, ipotesi infattibile secondo Ankara, almeno fino alla prossima giravolta americana.

Scritto da Marco M.

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