Il dottor Ori Goldberg, esperto di teologia politica nel mondo sciita, sostiene che l’Iran non vuole distruggere Israele e conquistare il mondo, ma che cerca solo di “sopravvivere”. Lo scrive questa mattina sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth.

Quindi tutta la politica aggressiva portata avanti negli ultimi anni dagli Ayatollah in Medio Oriente e nel resto del mondo non sarebbe altro che un modo di sopravvivere e in Iran, secondo il dottor Goldberg, non hanno alcuna intenzione né di distruggere Israele né di diffondere l’ideologia della rivoluzione islamica nel mondo.

Ora, non è la prima volta che su uno dei maggiori quotidiani israeliani, qual’è appunto Yedioth Ahronoth, vengono pubblicate analisi che tendono a sminuire il pericolo iraniano e il fanatismo islamico che lo alimenta. Lo hanno fatto anche di recente ripubblicando una analisi critica di FP. La sinistra israeliana a cui fa riferimento Yedioth Ahronoth da anni è ostile alla politica del Premier Netanyahu verso l’Iran e i suoi proxy regionali quali Hezbollah. Hanno appoggiato quasi senza riserve la politica di Obama e Mogherini nei confronti degli Ayatollah e criticato più o meno apertamente quelle che considerano “esagerazioni del Likud”. Non deve quindi meravigliare che uno dei maggiori quotidiani israeliani non veda in Teheran una minaccia reale per Israele e per il mondo intero.

Tuttavia è proprio tra le righe dell’analisi del dottor Goldberg che si notano le crepe del ragionamento secondo il quale l’Iran non rappresenterebbe un pericolo reale per Israele e per il mondo intero. Non puoi sostenere che a guidare le mosse degli Ayatollah sia il fanatismo religioso e “l’obbligo alla sopravvivenza” che la fede sciita impone e poi un minuto dopo dire che quello stesso fanatismo islamico non sia un pericolo per Israele e per il mondo.

La missione principale che si sono dati gli Ayatollah, inserendola anche in Costituzione, è la diffusione in tutto il mondo del principio su cui si basa la Rivoluzione Islamica. L’art. 3 al punto 16 dice con chiarezza che l’Iran si impegna ad adottare «una politica estera basata sui criteri islamici», mentre l’art. 4 afferma con altrettanta chiarezza che «tutte le leggi civili, penali, finanziarie,economiche, amministrative, culturali, militari, politiche e di altro tipo, e tutte le normative, devono essere fondate sui precetti islamici. Il presente articolo si applica in modo assoluto e universale a tutti gli altri articoli della Costituzione come pure ad ogni altra norma e regola, e i teologi esperti di giurisprudenza islamica che compongono il Consiglio di Vigilanza sono giudici in questa materia».

Ora, come lo stesso Goldberg ammette in un altro intervento di qualche tempo fa sul Forum for Regional Thinking di cui è illustre membro, in Iran non puoi separare la politica dalla religione. Sono la stessa cosa. Se quindi tutta la politica iraniana è basata sul concetto di “rivoluzione islamica” e sulla esportazione di tale concetto, affermare che gli iraniani vogliono solo “sopravvivere” è un evidente ossimoro. Sono due concetti totalmente opposti.

La realtà dei fatti è invece quella che vede gli iraniani impegnati a diffondere con ogni mezzo la loro ideologia basata totalmente sul fanatismo islamico, sulla prevaricazione religiosa anche rispetto alle altre correnti islamiche e su una politica estera basata completamente su questi precetti.

Sarebbe quindi ora di finirla con questi tentativi di sminuire il pericolo rappresentato dagli Ayatollah e dalla loro politica aggressiva ed espansionistica. Uno studioso (soprattutto uno studioso) ha il dovere di analizzare la realtà non di viaggiare con la fantasia. La realtà ci dice a chiare lettere che il fanatismo islamico iraniano è il maggior pericolo sia per Israele che per il mondo intero. Negarlo significa negare la realtà.