La differenza che c’è tra un Paese democratico e un regime la fanno il rispetto delle regole e la legge applicata a tutti, politici compresi. In un Paese democratico sarebbe impensabile che un corruttore (o un corrotto) possano fare attività politica o addirittura fare il capo del Governo.
Questa premessa è rivolta a Marina Berlusconi che ieri ha detto che quello che è successo nel caso del Lodo Mondadori (Fininvest condannata a pagare alla CIR 560 milioni di euro) in un Paese democratico (lei ha parlato di Paese civile ma il succo è lo stesso) non sarebbe successo. Cara Marina B., in un Paese democratico tuo padre sarebbe stato condannato per la corruzione del giudice Vittorio Metta e per questo interdetto dai pubblici uffici. Ergo, non sarebbe Presidente del Consiglio, non sarebbe “sceso in campo” e non avrebbe fatto una trentina di leggi “ad personam” e “ad aziendam”. Invece, in questo Paese finto-democratico, il sig. Silvio Berlusconi, padre dell’indignata Marina, con uno dei suoi strattagemmi è riuscito ad arrivare alla prescrizione per quel reato (ma anche per altri) e quindi a non essere condannato. Questa è la inoppugnabile realtà, non come dicono i media di proprietà o asseriti a Berlusconi che nel caso Mondadori la legge (penale n.d.r.) ha dato ragione all’attuale Premier. La legge, invece, è stata piegata dall’attuale Premier a suo favore e a suo personale beneficio.
Non voglio entrare nel merito della condanna civile che costringerà la Fininvest a pagare alla CIR una somma enorme derivata dal valore della Mondadori, dal lucro cessante (ma questo gli uomini di Berlusconi non lo dicono confidando nell’ignoranza popolana) e dai danni arrecati da quella sentenza comprata. Non spetta a me farlo anche perché non ne avrei la competenza. Voglio solo far notare che quella sentenza si basa su un dato di fatto accertato in tre gradi di giudizio, cioè che Berlusconi ha corrotto un giudice per potersi aggiudicare la Mondadori. Ebbene, se la giustizia penale non può condannare Berlusconi per sopraggiunta prescrizione del reato, il fatto resta e, politicamente parlando, è un macigno enorme sul neonato “partito degli onesti”.
Non ne sto facendo una questione politica, francamente destra e sinistra di questo Paese mi sembrano terribilmente uguali (discorsi a parte), ne sto facendo invece una questione di “moralità politica”. Lo so, parlare di morale politica in questo Paese è una cosa assai ridicola, ma se si vuole parlare di un “Paese democratico” o, come dice Marina B., di un “Paese civile”, non possiamo non parlare di moralità politica.
Il problema è che la morale politica in Italia non esiste ed è per questo che oggi in Parlamento siedono decine di indagati e addirittura imputati su cui pendono richieste di arresto. Il sacro Parlamento ridotto a scudo per l’amoralità politica in luogo del simbolo più alto della morale.
Si può accettare tutto questo in Paese democratico? Io dico di no. Dico che per troppo tempo il Parlamento italiano è stato tutto fuorché il punto più alto della Democrazia. Sfido qualunque italiano onesto a sostenere che si sente rappresentato da questo Parlamento.
E allora, cara sig.ra Marina Berlusconi, prima di parlare di “paese democratico” o, come dice lei, di “paese civile” inizi lei stessa a comportarsi da persona civile mettendo da parte l’arroganza ereditata (quella si) da suo padre. Gli italiani non credono più alle favolette propinate dalle vostre Tv e dai vostri giornali. Oggi l’informazione libera passa per la rete e non riuscirete ad imbavagliarla come state cercando di fare da tempo. Potrete ingannare ancora una certa quota di italiani, ma la corda è sempre più corta. Vuole essere davvero una persona civile, convinca suo padre a togliere il disturbo e a lasciare libero questo Paese. Persino Mubarak e Ben Alì (Gheddafi e Assad sono per la strada) hanno lasciato la guida dei loro regimi. Il regime di Berlusconi è finito. Fatevene una ragione.
Franco Londei